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Critica
Con la macchina fotografica il Nicolò ha creato delle immagini che assommano in sé pittura e scultura, musica e poesia, cinema, teatro e quant'altro. Esse hanno la meravigliosa capacità di dilatare l'attimo fuggente in eternità e di riproporre tutto il retaggio storico del passato, sin dalla creazione, nella presente realtà e anche in quella futura. Queste foto sono autentici capolavori.
2010, Antonio Fantini (regista e attore teatrale, scrittore, drammaturgo e poeta)
[...] il nostro caro ingegnere è anche un raffinato letterato, un pensatore, un poeta ed un filosofo. [...] le sue immagini sono sempre, e tutte quante insieme, di straordinaria bellezza formale e di grande poesia [...]
2010, Domenico Policella (critico d'arte, storico e letterato)
Notevole capacità espressiva, simbolica e figurativa, spiccata sensibilità, maestria nell'utilizzo dei mezzi tecnici. Immagini che parlano al cuore e suggeriscono senza pretendere di comunicare. Fotografie rese talvolta come dipinti, ma in piena autonomia, senza alcuna sudditanza o dipendenza dall'arte pittorica.
2010, La Voce — Periodico abruzzese
I fotogrammi interiori di Enrico Nicolò sono un viaggio tra le cose "mutanti" che ci sono accanto tutti i giorni [...]. [...] Nicolò [...] preferisce il bianco e nero per dare risalto a nervature, intrecci di linee e volumetrie giustapposte, alla scoperta della straordinaria normalità di quello che vediamo [...]. [...] Le cose, secondo l'autore, possono raccontare noi stessi meglio delle espressioni di un viso [...]
2010, Silvia Guidi, "L'Osservatore Romano"
Una narrazione intima e poetica, quasi spirituale, capace di trasformare gli aspri paesaggi abruzzesi in sperimentali vedute dell'anima. [...] fotografie analogiche, dal sapore surreale [...]
2010, "Il Fotografo"
[...] un estremo rigore compositivo che racchiude un contesto narrativo essenziale ed esaustivo ad un tempo.
2010, "Fotografia Reflex"
[...] "Impressioni d'Abruzzo – Fossacesia: fotogrammi interiori" di Enrico Nicolò. È prima di tutto un libro che lega intimamente insieme l'arte della parola a quella dell'immagine.
2010, Patrick Sammut (poeta e critico letterario)
[...] sensibilità artistica di un poeta-fotografo. [...] Non si tratta di “vedute” che tentano una descrizione dell'esterno, del mondo fisico in cui l'umanità si trova ad esistere. Queste fotografie hanno a che vedere con l'essere. [...] Queste immagini sono da intendersi come delle incursioni nella nostra interiorità, come delle radiografie poetiche. [...] Attraverso la sua macchina, con minuzia da archeologo, l'autore scava dentro una zona ancor più impenetrabile dell'essere, scava nelle pieghe della nostra anima, cercando di rappresentare il riflesso come specchio dei suoi stati d'animo. Si tratta di un viaggio interiore, spaziale e temporale, nella memoria, nel presente e nella prefigurazione di qualcosa che sarà. [...] In un'epoca di dilagante condivisione delle esperienze on-line, mentre chiunque espone con superficiale spontaneità il proprio sé digitale sui social network, questi scatti raccontano una umanità che si trova fuori dallo schermo, estranea ai luoghi di facile consenso del digitale. Si tratta di un percorso nel presente che riscopre il passato, valorizzandolo. [...] sapiente uso delle tecniche di esposizione [...]
2010-2011, Valentina Mignano, “Gente di Fotografia”
[...] Nicolò, ingegnere elettronico che ha al suo attivo non solo ricerche in campo elettronico, ma anche in quello visivo, con l'assillante aspirazione ad andare al di là della mera raffigurazione perché l'immagine fotografica possa esprimere pensieri e sentimenti universali.
2010, Enrico Novello, “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
Pensare per immagini e tradurre in immagini il pensiero, questa la filosofia di un ricercatore scientifico che affida alla pellicola i suoi sentimenti.
2011, Eugenio Martorelli, “Fotografia Reflex”
Enrico Nicolò fotografo. E Enrico Nicolò artista.
[...]
Enrico Nicolò, dunque. Fotografo che, con nitida umiltà ma senza imbarazzo alcuno, concepisce e rivela un proprio percorso di artista. Autore che con la fotografia plasma – secondo procedimenti voluti, coerenti, studiati – ipotesi di riassetto dell’esistente, per trasmettere concetti di condivisibile rilevanza. E’ un’operazione delicata, una manovra tutt’altro che spontanea e arbitraria: svolta lungo tragitti meditatissimi e fatta di innesti volta a volta ponderati tra le molteplici opportunità permesse dalla scienza e le sconfinate gradazioni in cui l’animo e il pensiero sono capaci di avventurarsi.
Non è un caso che Nicolò muova proprio da lì: dalla scienza. La formazione e la sostanza di ingegnere non gli impediscono di cimentarsi in assoluta serietà con la sperimentazione estetica: al contrario, si pongono a pieno titolo come basi fondanti di questa nobile pratica. E non è da tutti: egli ha un merito che rende perfino doverosa la nostra ammirazione. Intendo dire che proprio quando si palesa la compresenza dei due momenti – quello scientifico e quello artistico – allora raggiunge livelli supremi il rischio, per la persona interessata, di voler apparire come involontariamente baciata da un’aura mistica di amena ispirazione: quasi a scusarsi col mondo per una deviazione assunta come futile, vacanziera, capricciosa. Ebbene, le raccolte fotografiche di Enrico Nicolò sono la prova che un simile incidente di superficiale discriminazione può e deve essere evitato.
[...]
Senza indulgere a facili lirismi di maniera, coerentemente legati da un rigore compositivo di chiara e garbata matrice razionale, questi ‘fotogrammi interiori’ completano sequenze rivelatrici, e in fondo salvifiche, di ogni inconfessato voler spingersi oltre. Con essi, ma nondimeno con tutta la solida e articolata personalità che lo guida a ogni passo, l’autore ci dimostra orgoglioso – da scienziato autorevole, da fotografo esperto, da artista prudente – che l’arte stessa è disciplina, e che farla non sta nel cedere a inopinate smanie narcisistiche, bensì nel formulare un contributo proprio, originale, innovatore al flusso delle percezioni e alla fioritura delle idee. La perfezione sensibile, intesa come pura bellezza (l’esattezza, per dirla con l’uomo di scienza) potrebbe anche non esistere – ci avverte insomma Nicolò – ma crederci e aspirarvi è un nostro debito di coscienza.
2011, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, direttore artistico di GALLERIAGallerati), “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
[...] una visione di questo nostro mondo ferroviario attraverso lo sguardo del fotografo artista Enrico Nicolò [...] fotografie analogiche in bianco e nero, scattate nel suo personale stile simbolico [...] Treni, stazioni, strade ferrate e paesaggi ferroviari non sono allora più solo tali, perché invitano noi a una riscoperta dei segni. Del tempo, dell'uomo, del suo viaggio spaziale e interiore, della finitezza, dell'abbandono e della solitudine. Coi binari, curvi e diritti, e gli scambi variamente intrecciati, che divengono linee astratte capaci di esprimere lontananze e ricongiungimenti e di indicare mete finali.
2011, La Voce — Periodico abruzzese
[...] In gran parte dismessa, questa linea ferroviaria, nella sua imperturbabilità, ha attratto l’artista che ha scelto di indagarne la simbologia attraverso un approfondito studio formale e compositivo. Nicolò perlustra ogni dettaglio, dalle linee, ai punti, alle geometrie dei vagoni antropomorfi e dei binari che si incontrano, curvano, girano e si disperdono nell'infinito dei campi, rimandando a traiettorie identificabili con un ipotetico andamento di una vita.
Sono questi dei percorsi che si incrociano e si allontanano, si congiungono e, a volte, terminano.
È questa la via in cui Nicolò analizza l'interiorità e le sensazioni dell'uomo [...]
2011, Laura Berellini (storica dell'arte, curatrice freelance), “D'Abruzzo - Turismo Cultura Ambiente”
[...] Il fine dell’arte non è l’arte stessa, come sembrano credere oggi in molti. Lo sa bene Enrico Nicolò: la fotografia, ad esempio, trova inevitabilmente il suo senso fuori di sé, nella vastità delle cose del mondo, nei meandri della condizione umana.
[...] altri che hanno fotografato fuori dalle necessità del mestiere sono stati o sono fotografi autentici, così come è stato Mario Giacomelli e come è Enrico Nicolò. Il quale fotografa non per semplice diletto, ma per ritrovarsi ed ancorarsi ad un fondamento. Per sfuggire alle catene della precaria banalità del mondo così come si presenta sullo schermo dell’elettrodomestico televisivo, nelle pagine dei giornali e negli asfissianti cartelloni pubblicitari che riempiono le nostre città.
[...]
Ed è proprio di fronte alla natura che Enrico Nicolò compie il suo cammino fotografico come via interiore. Di fronte ad essa egli ritrova tutto l’umano vivere: il senso della limitatezza, la fragilità e la sofferenza, il timore e la speranza, il trascendente e i morsi della solitudine, che è tanto significativa da ispirare al fotografo una serie di immagini: “Solitudine del viandante del tempo”. In estrema sostanza: Enrico Nicolò si pone coscientemente di fronte alla vastità del mondo e al limite umano. Ai suoi occhi – come a quelli di ogni autentico osservatore – la natura si presenta minacciosa e incantevole. [...]
Enrico Nicolò [...] va verso la bellezza, andando “Oltre il caos”, così come intitola una serie delle sue immagini.
Le sue fotografie – tutte realizzate in analogico, qualche volta facendo uso dell’infrarosso – sfidano il verosimile e arrivano in luoghi immaginifici. Egli, infatti, come ogni paesaggistache non lavora con intenti puramente geografici, vale a dire essenzialmente descrittivi, tende a trasformare la realtà in una visione metafisica, in un luogo che non ha luogo fuori della mente.
Nel suo lavoro la presenza umana sembra dare profondità al silenzio, mentre quando manca sembra trasformarsi in un brulicare di gente. Pare di udire una voce: noi siamo gli umani e alberghiamo qui, in questa circoscritta incantevole immensità. Con innumerevoli sentimenti e con la forza di poetare, senza la quale non guarderemmo lontano, all’infinità e al filo d’erba.
2011, Diego Mormorio (critico e storico della fotografia, saggista e narratore, docente di Documentazione fotografica presso l'Accademia di Belle Arti di Roma), “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
[...] non è né spontanea né arbitraria, la manovra espressiva di Enrico Nicolò: si svolge lungo meditati tragitti di pensiero e secondo innesti ponderati di logica e fascinazione. Senza indulgere a comodi lirismi di maniera, coerentemente legate da un rigore compositivo di chiara matrice razionalista, queste vedute interiori suggeriscono sequenze salvifiche: rivelatrici di ogni inconfessato voler scrutare al di là dell'orizzonte.
2011, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, direttore artistico di GALLERIAGallerati), catalogo “Primo Progetto Portfolio”, GALLERIAGallerati fotografiaARTEcontemporanea.
L'esistenzialismo fotografico di Enrico Nicolò [...] dimensione umana da recuperare e da rendere attuale. Va da sé che le immagini, realizzate in bianco e nero, sono pervase tutte da un avvertibile simbolismo, da metafore, dalla preminenza del ruolo di particolari oggetti o dalle stesse situazioni irreali nelle quali l'obiettivo coglie il protagonista e i soggetti.
2012, “Fotografia Reflex”
[...] Enrico Nicolò segue questo cammino della visione. Come pochi, sperimenta un’anabasi fotografica. A una prima superficiale lettura, il suo lavoro potrebbe risultare una raccolta di stranezze, mentre, nella realtà, tali apparenze sono assai simili a certe figure dell’arte medioevale e orientale: appartengono alla vastità simbolica, e ne esprimono la forza.
[...] Già nel titolo di questo lavoro – “Oltre il caos” – Enrico Nicolò esplicita la sua precisa volontà: il suo bisogno di entrare in un universo in cui bellezza e misura divengono tutt’uno.
[...] Tutto il lavoro di Enrico Nicolò va verso questa harmonía; tende al superamento del caos disseminato di difficoltà, di rischi e di solitudine.
[...] Nelle fotografie di Enrico Nicolò, un personaggio con impermeabile e cappello va verso la linea dell’orizzonte portandosi dietro una scala. Ed è proprio questa a dare significato al cammino, che risulta così del tutto diverso dal semplice camminare per via orizzontale e che si sostanzia invece come un elevarsi. La scala non va considerata come uno strumento. Nel simbolismo di tutte le tradizioni è infatti considerata come una parte dell’essere, vale a dire, della sua capacità di trascendere il limite, non visto come “limitazione umana”, ma come forza innata. Se fosse tout-courtun limite, l’uomo non potrebbe oltrepassarlo. Esso è invece superabile in quanto presuppone un raggiungimento. Un luogo cui pervenire.
È verso questo luogo che si muove la fotografia di Enrico Nicolò. Ragione per cui, io la sento vicinissima.
2012, Diego Mormorio (critico e storico della fotografia, saggista e narratore, docente di Documentazione fotografica presso l'Accademia di Belle Arti di Roma), prefazione del catalogo di “Oltre il caos” (Mostra Fotografica Personale di Enrico Nicolò, 10-24 febbraio 2012, Roma) e “L'Osservatore Romano”
Stando di fronte alle foto di Enrico Nicolò non si sa esattamente se si sta guardando l’orizzonte (o quella linea elusiva tra terra, mare e cielo) o il più profondo angolo dell’io. Sono immagini che tante volte fungono da invito alla conversazione con l’io stesso. Continuano a riemergere nella propria mente o a riapparire ogni volta che ci si trova in compagnia della propria solitudine. Hanno anche un’eco, un riverbero molto forte che continua a richiamare dentro l’essere di chi le guarda o le osserva a lungo. Fanno ricordare il rapporto tra il qui e l’ora, e l’altrove; ma anche la dialettica tra una dimensione che si crede di conoscere, e l’altra che si crede di non conoscere. Osservare tali foto è come un salto nel nulla o viceversa, un salto nel tutto: tutto quello che ci avvolge anche se ne siamo consapevoli parzialmente; nulla, perché gridano la verità, quella che tutto alla fin fine verrà ingoiato da un buco tutto bianco o tutto nero. Ricordano pure, anzi quasi gridano nel loro poetico silenzio il fatto ineluttabile che l’uomo qua è solo di passaggio e che la destinazone è diversa; si guarda altrove.
2012, Patrick Sammut (scrittore, poeta e critico letterario)
[...] Enrico Nicolò [...] rivendica il carattere artistico del linguaggio fotografico. [...] il nostro dimostra [...] la ricchezza sconfinata di una fotografia-pittura che decide di allontanarsi vertiginosamente dalla pop art, e da tutte le forme di “dimagrimento dell'arte”. [...] Il viaggio significa e dimostra il distacco dall'empiria per l'avventura dell'infinito [...] il nostro (non a caso) dialoga con David Caspar Friedrich; personaggi diversi (colti di spalle) si rivolgono, appunto, all'infinito. Il museo e la storia, dunque, costituiscono la “banca dati” per superare il visibile e concedersi all'immenso. Ora l'infinito è l'altro nome del sublime; quale sublime però? In questi lavori il pittore-fotografo privilegia il sublime statico [...] in Enrico Nicolò, la pittura-fotografia è, eo ipso , filosofia, anzi metafisica.
[...] i lavori di Nicolò [...] sono spudoratamente e consapevolmente belli, belli perché hanno abolito Duchamp e la sua idea di anestetizzare l'arte. L'arte, conclude il nostro, è quella di sempre: ricerca ed esaltazione della bellezza, quella bellezza di cui abbiamo disperatamente bisogno [...]
2012, Robertomaria Siena (critico d'arte e scrittore, docente di Storia dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Roma), “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
[...] scatti fotografici, che attingono a fonti paesaggistiche ed esaltano lo stile elegante di una situazione naturale.
[...] immagini efficaci per esprimere concetti che parlano di solitudine, di interiorità, mettendo in luce l'ambiguità di ciò che viviamo e percepiamo quotidianamente.
Il messaggio silenzioso delle figure umane risuona delle loro emozioni e riesce ad evocare il passato. Con lo sguardo rivolto al futuro in una concezione vitalistica della realtà, in perenne divenire. I personaggi non si abbandonano allo scorrere del tempo, e in equilibrio psichico seguono le tracce, la via, le rotaie, di un percorso già segnato, morendo e rinascendo, infinitamente.
2012, Maria Cristiana (Ketty) Magni (scrittrice)
[...] grande forza espressa dalle [...] immagini.
Una forza che ribadisce, in tempi di digitale, come la Fotografia, quella vera, comunichi abbondantemente attraverso i suoi canoni specifici, la luce, la composizione e la gestione degli spazi, senza sentire la necessità di truccarsi attraverso le artificiosità di photoshop.
L'apparente semplicità [...], unita ad una attenzione alla riproduzione della gamma tonale strettamente necessaria agli stimoli percettivi e finalizzata a guidare l'occhio del fruitore lì dove sono presenti gli elementi significativi, riporta ad un linguaggio che [...] stiamo oramai perdendo.
2012, Salvatore Sanna (fotografo, docente di fotografia e curatore)
Coltivare le acque. Navigando. E misurando la distanza, perché, così dice Holderlin, “Des Menschen Maaß ist’s”, dell’uomo è la misura. Senza di essa vivremmo come bestie bestialmente rinchiuse in una gabbia. Solo nella misura, poeticamente abitiamo la terra. E questo nostro abitare ruota e si fa sostanza pensando e costruendo. “Costruire Abitare Pensare” sono un’unica cosa. La misura che rende poeta l’uomo.
Fotografare ormai, da tanto tempo, fa parte sostanziale di questo nostro abitare poeticamente la terra – del nostro vivere con la consapevolezza della mortalità, che ci fa pensare e costruire. È un atto misurativo, che giunge ad essere poetico quando visivamente trascende il visibile. O meglio, quando, attraverso il visibile, giunge, come il pensiero e la musica, là dove non è dato arrivare in automobile. Là. Fin dove si spinge Enrico Nicolò con queste fotografie di un uomo che legge, scrive, fotografa e zappa nell’acqua e che, zappando, riporta alla mente l’indovinello veronese creato tra l’VIII e il IX secolo: “Se pareba boves, alba pratalia araba et albo versorio teneba, et negro semen seminaba” (Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati, e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava). In esso, infatti, si nasconde, o meglio, si metaforizza l’atto dello scrivere – con le dita che sembrano essere buoi che tirano l’aratro sul biancore della pergamena, sul quale spargono il seme nero dell’inchiostro. Bellissimo indovinello! Che mette in rilievo lo strettissimo rapporto tra il coltivare e lo scrivere, il memorizzare da cui discende l’ulteriore pensare, il costruire.
Stando nell’acqua, e coltivando le acque. Così Enrico Nicolò ci porta nel luogo da cui veniamo – il mare – e ci invita a spingere l’aratro più a fondo, verso la leggerezza del volo, al di là della nostra finitezza.
2012, Diego Mormorio (critico e storico della fotografia, saggista e narratore, docente di Documentazione fotografica presso l'Accademia di Belle Arti di Roma)
Nicolò porta avanti un tipo di fotografia artistica che esula da ogni intento documentario e che ripristina la supremazia dello “spirituale” sul sensibile. [...] La poetica che soggiace alle immagini di Enrico Nicolò si pone evidentemente contro ogni tentazione retorica e contro ogni conformismo.
In Oltre il caos ogni foto è come un apologo, un invito inesauribile alla deduzione e alla speculazione. [...]
Nelle sue foto, Nicolò sembra voler traslare le pagine kantiane sul
sublime dimostrando come, in linea con il pensiero del filosofo tedesco, di fronte alla natura e alla sua potenza l'uomo rimane libero in forza della sua volontà; ovvero è grazie alla consapevolezza della propria destinazione morale che l'uomo può mantenere integra la sua indipendenza dalla natura che altrimenti lo avvolgerebbe con la sua forza. I protagonisti delle sue foto sono di spalle, in modo che noi, spettatori, non dobbiamo guardare loro, ma attraverso di loro, mettendoci al loro posto, vedere quello che loro vedono [...]
Con
Oltre il caos, Nicolò ci regala un'alta lezione di filosofia sotto forma di immagini a dimostrazione del fatto che con e per mezzo della fotografia si può far riflettere sulle questioni che riguardano più da vicino l'essenza dell'uomo.
2012, Annarita Curcio (critico fotografico, saggista, curatrice)
In Stella - 3f Enrico Nicolò intraprende un discorso semiotico sul linguaggio fotografico e sulla sua capacità evocativa. La rivista dal titolo Fotogrammi e il bordo visibile della pellicola sono i due elementi metatestuali presenti nella fotografia. Da qui si sviluppa il ragionamento dell’autore sul concetto d’immagine. Fermare la realtà in continuo divenire con lo scopo di ricordarla comporta una sua inconsapevole mutazione legata inevitabilmente allo sguardo soggettivo che si nasconde anche dietro uno stile prettamente oggettivo.
2012, Noemi Pittaluga (curatrice d'arte)
[...] Tema della mostra: “Odi et Amo: percezioni di donna”. Nella versione neoromantica, con sagome stagliate su orizzonti sublimi, senza tuttavia esserne rapite o ingoiate, quelle donne fotografate da Enrico Nicolò segnano lo spazio con la loro presenza. Senza paura, protese verso il futuro, che in quell'istante rubato dalla foto coincide con il passo che stanno per fare verso l'ignoto, senza esitazione e con romantica grandezza. Esattamente come accade nella realtà, quando donne eroiche portano sulle loro spalle il peso [...]
2012, Maurizia Berardi (curatrice d'arte)
Oltre l'infinito sublime non a caso è il titolo della serie di fotografie di Enrico Nicolò. Si tratta infatti di donne che sono collocate all'interno di scenari estremi, infiniti, disabitati o coperti di neve, quasi ad annullare i connotati realistici. Sono leggibili citazioni romantiche che rimandano alle atmosfere pittoriche di Friedrich e al cinema di Tarkovskij.
Noi spettatori-attori le percepiamo come se non facessero parte del paesaggio, ne vediamo le spalle, come fossero eterne sentinelle di un orizzonte sempre al di là di quello visibile. È in quest'alterità, in questo altrove, in questo “oltre” che spingono anche chi le sta guardando.
2012, Giuliana Paolucci (critico d'arte)
Le immagini di Enrico Nicolò - di calviniana memoria per la sua propensione all'indagine sulla società contemporanea attraverso il filtro dell'ironia [...]
Enrico usa una serie di simbologie ricorrenti, oggetti e situazioni che manifestano un significato altro rispetto a quello iniziale perché decontestualizza e ricolloca gli elementi in un ambiente diverso da quello cui appartenevano in origine [...]
l'orizzonte indica un limite ancestrale e, insieme, il superamento di esso; l'impermeabile spesso indossato dal protagonista è sinonimo di indagine, di ricerca. [...] la stasi in cui cala i suoi personaggi non è immobilità fine a se stessa, ma va considerata come un'occasione per fermarsi e riflettere. [...]
Guardando in sequenza le immagini di Enrico si ha l'impressione di trovarsi in un film d'antan del cinema muto anni Venti. [...]
La maggior parte dei suoi protagonisti è disposta di spalle al pubblico, questo perché l'intento principe dell'autore è proiettare chi guarda oltre l'orizzonte e, attraverso i suoi personaggi senza volto, mostrare ciò che loro stessi cercano e scoprono.
2013, Loredana De Pace, “Foto Cult”
[...] ciò che Enrico Nicolò designa come fattore visuale di appoggio per le proprie allusioni di pensiero sono luoghi [...] porzioni di paesaggio perlopiù rurale o marino dove alla natura si somma la cultura. La presenza dell’individuo, anche quando indiretta, è sempre fortemente voluta: a volte al punto da essere messa in scena dalla mano stessa dell’autore.
2013, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, direttore artistico di GALLERIAGallerati)
Le foto di Enrico Nicolò, la maggior parte in bianco e nero, trattengono la leggerezza e la malinconia del ricordo; a volte così lontano da istigare l’osservatore a volgere lo sguardo oltre i bordi stessi della foto cercando il completamento ideale di un’emozione rubata, la cui parte consistente rimane fuori dall’inquadratura.
Spesso vengono vitalizzate da quel loro palese non-sense che si rifà o comunque richiama un simbolismo che, ottimista e bonario, rifiuta sempre claustrofobiche coreografie.
Presenta così ampi i paesaggi, ampi i mari, ampie le vedute; tutto conferisce quel profondo senso di libertà che è connaturato in chi, come quest’artista, condivide la lungimiranza della natura, dell’universo, della vita.
Sa nel contempo raccontare solitudini, tempi rallentati, atmosfere e arie immobili, umani sospetti, dolori e toni cupi ma anche velature umane gioiose; e per le persone e le figure, riprese quasi sempre di spalle, in pratica riesce a rapirne, riprenderne e fotografarne i probabili stati d’animo. [...]
Stilisticamente parlando Enrico Nicolò rimanda alla magica semplicità del mitico fotografo Gaspar-Felix Tournachon meglio conosciuto come Nadar che [...] fu chiamato il Tiziano della fotografia. [...]
Come nei bravi artisti si evince [...] la regia di un cuore avido di dire, che muove appassionatamente un braccio e una mano altrettanto appassionati, avidi di fare.
La sua cifra artistica non è, come in tanti casi di artisti fotografi, un concentrato di trovate tecniche, ma è sicuramente quella naturale e connaturata spremuta d’amore che semplicemente contraddistingue i poeti.
2013, Gastone Ranieri Indoni (critico d'arte, curatore di eventi e mostre, pittore)
Nicolò è un fotografo-artista che ricorre nondimeno alla scrittura per meglio delineare l'impalcatura concettuale e teorica che soggiace alle sue immagini. Dunque per comprendere la sua produzione artistica non si può non considerare come altrettanto cruciale la sua riflessione sulla propria poetica e sulla fotografia e l'arte, più in generale, che da tempo persegue, con rigore e discrezione, sulle pagine di alcuni giornali e riviste. Di mestiere è un ingegnere, ma la sua vocazione per la fotografia è vissuta da alcuni anni a questa parte in maniera pressoché totalizzante; egli non si risparmia davanti a lunghe ed estenuanti sedute fotografiche pur di vedere espressi in immagini i suoi paesaggi concettuali e “interiori”. [...] Per Nicolò [...] fotografare secondo le modalità imposte dal procedimento analogico, corrisponde a un “rito”, a “uno stile di vita” irrinunciabile [...]
I paesaggi, spesso marini o rurali, vengono sottoposti dall'autore [...] a una sorta di processo di scarnificazione e astrazione, in questo complice il bianco e nero per le sue potenzialità drammatizzanti e astrattizzanti.
La scelta del bianco e nero [...] risponde a un preciso imperativo: quello di piegare la realtà, nella fattispecie il paesaggio, a un rigoroso formalismo che la prosciughi dei suoi elementi più prosaici. Quelli di Nicolò sono paesaggi mentali, ideali, archetipici, e le didascalie, spesso molto significative, confermano questa attitudine, infatti esse non ci indicano mai un luogo preciso, giacché questo sarebbe del tutto fuorviante. Il fotografo predilige i campi lunghi, [...] le vedute ampie [...]Gli scenari naturali vengono “trasformati” [...] dal bianco e nero che ne enfatizza le geometrie, le masse, i volumi.
[...] trapelano alcuni dei nuclei tematici attorno a cui si concentra la produzione artistica di Nicolò, ovvero quelli della limitatezza e finitezza umana [...] e ancora il concetto [...] della solitudine umana. [...] Il paesaggio diventa [...] lo specchio del vuoto [...] che attanaglia l'esistenza umana. [...]
In Oltre l'infinito sublime [...] ritornano i leit-motiv del lessico estetico del fotografo: la figura umana e la natura. Sul piano semantico, invece, entriamo in un contesto che afferisce alla sfera del trascendente. Qui si accentua “il senso dell'oltre”, come ha scritto il fotografo, fino a farci sentire una sorta di tensione escatologica. [...]
In ciascuna di queste foto campeggia la figura femminile, dignitosa, austera, abbigliata in modo quasi atemporale, o meglio alla maniera della pittura romantica tedesca della prima metà dell'Ottocento che fece, com'è noto, della categoria estetica del sublime una sorta di stella polare, di idea-forza. I rimandi alla pittura di Caspar D. Friedrich [...] appaiono evidenti, laddove il fotografo riprende dai suoi celebri dipinti alcuni tòpoicome il gusto scenografico dei paesaggi e l'immersione panica nella natura.
[...] nella serie Oltre il caos[...] Nicolò prosegue con rigore concettuale la sua riflessione sul senso ultimo dell'esistenza, espressa in simboli attraverso i dispositivi del linguaggio retorico-visivo. [...] ritroviamo la persona, ancora sola, in azioni e atteggiamenti improbabili in quanto assunti in contesti inconsueti e spiazzanti, ove predominano atmosfere in bilico tra il surreale e il metafisico. [...] l'autore rende manifesta la sua necessità conoscitiva, ovvero comprendere ciò che non è dato di sapere attraverso i sensi [...]
Di fronte all'incedere inesorabile del tempo, al dolore del divenire, nonché allo stato mortale dell'uomo, Nicolò oppone il rimedio teologico-metafisico. [...] ecco [...] cosa scrive a tal proposito: “Sebbene lo spazio sia talora angusto, perché il passare del tempo rende stretta la strada, è l'infinitudine a imporsi”. [...] egli con le sue immagini, sempre ben congegnate, si apre definitivamente alla dimensione dell'infinito, cioè dell'eterno, dell'immortale, dell'immutabile.
2013, Annarita Curcio (critico fotografico, saggista, assistente editoriale e curatrice)
[...] l’infinito, protagonista indiscusso di tutte le sue opere. [...] Abbiamo definito “teologica” la metafisica di Nicolò; è vero, è però altrettanto certo che l’infinito del nostro può essere letto in chiave puramente lirica. [...]
l’infinitismo cristiano di Enrico Nicolò [...] il destino dell’arte è e rimane quello di nutrire la nostra anima assetata di bellezza. Intorno a questa sete si affanna Enrico Nicolò affinché, a tratti, possa essere placata e l’umanità venga sollevata un poco dal suo stare fra le assillanti manifestazioni del finito, della contingenza, dell’imperfezione e della caducità.
2013, Robertomaria Siena (critico d'arte e scrittore, docente di Storia dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Roma)
Nella serie di immagini “Solitudine del viandante del tempo”, Enrico Nicolò persegue la sua sperimentazione alla ricerca del rapporto tra la natura titanica, misteriosa e l’uomo, che in questa sproporzione si fa sempre più piccolo, quasi indifeso, in un’esplorazione che riecheggia la pittura romantica di Caspar David Friedrich. Qui, invece, il realismo fotografico diventa traslucido e incantato e si trasforma in una sfera di irrealismo: l’invito è a raccontare non ciò che si vede ma la vera essenza nascosta della realtà. Quindi le entità che si vedono sono talmente trasfigurate che simboleggiano non la realtà empirica ma la realtà assoluta.
Nelle fotografie di Nicolò l’uomo è sempre più lontano e decontestualizzato dall’ambiente urbano e culturale, ma di culturale porta sempre dentro di sé le vette più alte delle domande filosofiche; domande che da sempre hanno ossessionato l’essere umano circa la sua origine, circa il senso della vita e il mistero della morte. Insieme alle radicate implicazioni che allignano nell’uomo contemporaneo: ora metafisiche o religiose, ora razionaliste se non addirittura nichiliste. [...]
Nel suo mondo visionario Enrico Nicolò sembra suggerirci: “Chiudete gli occhi all’esteriorità e apriteli all’interiorità”. Nel suo silenzio, nel suo atteggiamento metafisico non c’è rumore, non c’è dinamismo, tanto indispensabile a quella fotografia fintamente spettacolare eppure svuotata di sentimento. Qui, al contrario, è tutto fermo. Bloccato. Quasi a congelare le avventure della vita quotidiana e il suo brulicante tramestio, come a catturare (finalmente) l’uomo sui valori dello spirito che sono eterni e indistruttibili. Quindi immobili.
Alcuni personaggi di certi scenari assomigliano a figure che evocano le sembianze degli individui-birillo simulacri dell’uomo di dechirichiana memoria. Come quelle sono posizionate in territori deserti, quasi al confine dell’inabitabilità. Luoghi che sembrano planati da altri mondi, dove la vita è sospesa, incantata, e dove l’artista filosofo anela al viaggio dell’anima. Per conoscere il labirinto degli enigmi, dove molto spesso nella fotografia di Enrico Nicolò si trova il non essere: pensiamo a quanta carnalità vi sia assente, rispetto a tutti gli altri modi e mode del fotografare. Le immagini della “Solitudine del viandante del tempo”, costruite con grande potenza evocativa, sottendono una peculiarità tanto insolita quanto singolare: ovvero quella di mostrare l’universo interiore del fotografo. [...]
Suggerire [...] la propria interiorità dell’inconscio, appare esercizio di raro valore intellettuale. [...] l’autore persegue la cosa apparentemente più incomprensibile: fotografare ciò che lo sguardo abitualmente non vede. Tutte le scene e gli scenari di questo libro non hanno riferimento geografico o datazione identificativa, ma spaziano libere in una dimensione dal carattere atemporale, quasi atavica e primitiva. E in questa caducità della vita e della natura piomba l’uomo, in ogni tempo viandante spaesato con la sua solitudine. Enrico Nicolò è riuscito a svelarlo con la fotografia, regalando a tutti noi un’emozione di rara intensità.
2013, Andrea Attardi (fotografo, scrittore, critico fotografico, docente di Fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma)
La categoria del sublime è immediatamente evocata dalla nudità assoluta della scena in cui la donna si trova. Si percepisce un lavoro di spoliazione da parte del fotografo-regista che ha realizzato mediante una sapiente opera di costruzione scenografica quasi come in un set cinematografico tutte le condizioni che gli necessitavano per suscitare nello spettatore il senso dell’infinito sublime. [...] si ricorre a situazioni in cui la realtà viene ri-costruita in formula simbolica e alcuni scatti sembrano uscire da un universo onirico dove si trovano terre di confine tra la realtà e la finzione, nelle quali si respira la poetica di una natura estrema, a volte desolata, altre incantata, nella quale la solitudine viene sempre dichiarata ma passando attraverso l’essenza della creatura femminile immobile e portatrice di bellezza nella posa, nei lunghi vestiti, appositamente realizzati e privi di una precisa connotazione temporale, o nei capelli quasi sempre sciolti. [...]
avvertiamo tutto il fascino di essere introdotti nella categoria del Sacro [...] dove si percepiscono “sovrumani silenzi”.
È una riflessione sul sacro ultimamente quella di Enrico Nicolò, dove si percepiscono suggestioni romantiche nelle atmosfere alla Kaspar Friedrich: anche nell’universo del fotografo come in quello del pittore c’è un essere umano presente alla sua fragilità che si staglia coraggioso verso e contro l’infinito. [...]
Per poter scrivere questo effetto, usando, come lui stesso dice, anziché la penna la macchina fotografica, l’autore ha bisogno di esasperare la realtà e in questa esasperazione trapela oltre alla sua formazione romantica la sua passione per il cinema, in particolare per quello poetico caricaturale di Charlie Chaplin o quello così ricco di simboli di Tarkovskji. [...]
Il mare immagine principe dell’infinito orizzonte, il lago con le sue profondità ed insidie, il fiume. Quanti elementi trasferiti dalla tradizione pittorica romantica e preraffaellita! I sassi, le pietre, le nuvole. [...] quello rappresentato nei fotogrammi [...] è ancor di più un altrove, un topos della memoria e delle possibilità.
2013, Giuliana Paolucci (critico d'arte)
[...] Questo scenario complesso di riferimenti, insieme poetici, religiosi, filosofici, intimistici, plasma il linguaggio fotografico di Enrico Nicolò. Ecco dunque la serie “Tempora et horae”, dichiaratamente consacrata alla sua personale percezione ed esperienza del tempo. Un tempo che, sempre per dichiarazione dell’artista, è comunque redento, aperto all’oltre, e tuttavia immerso in un’atmosfera di attesa non pacificata. Lo rivela la sproporzione fra la piccolezza della figura umana e la vastità dello spazio, la costante negazione del volto, che, con la sua espressione, potrebbe dare un senso all’insieme, e invece rimane nascosto. L’espressività è semmai affidata alle proporzioni dell’orologio che la figura umana sorregge o trascina, a volte deformato alla maniera di Dalì, ma talvolta anche inserito su un supporto separato, entità a sé stante, compagno tanto silenzioso quanto implacabile. [...] nella sequenza fotografica fa la sua comparsa il mare, che diventa sempre più incombente nell’ultima serie di foto: la figura maschile passa dalla contemplazione della distesa marina all’immersione in essa fino a scomparire. Nell’Apocalisse di Giovanni, testo ben noto a Nicolò, la discesa della Gerusalemme celeste, simboleggiante l’eternità della dimora di Dio con gli uomini, avviene dopo la comparsa di un cielo nuovo e una terra nuova cui non corrisponde un nuovo mare, perché, anzi, il mare non c’è più (Ap 21,1). Che senso ha lo scomparire della figura umana in un mare destinato esso stesso, secondo il veggente, a scomparire, perché simbolo della mutevolezza umana? La risposta è ambigua e aperta a una molteplicità di sensi, come deve essere quando l’immagine è poesia.
2013, Emanuela Prinzivalli (professore ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese presso la Sapienza, Università di Roma)
Nel caso delle immagini di Enrico Nicolò la magia del processo fotografico si trasferisce sulla fotografia stessa. Scatti fotografici, poetici e misteriosi, atmosfere sognanti e direi sognate.
Nell’osservare i suoi soggetti ritratti ci si sente quasi presi in ostaggio, catturati da figure ferme, bloccate dal progetto del fotografo che volutamente cerca quelle pose ma che non perdono quell’essenza densa di sentimento che ci si aspetta di trovare in un’opera d’arte.
Enrico Nicolò riesce a dare sostanza attraverso le immagini ai sentimenti. Immagini pacate, surreali, leggere ma mai scontate. Corpi evanescenti ma mai completamente irrisolti.
C’è una forma di gioco nelle pose di Nicolò ma mai superficiale, assolutamente consapevole e sapiente.
Atmosfere composte e mai scontate, proporzioni volumetriche cercate ma non imposte a chi osserva, che viceversa viene accompagnato nell’osservazione di quanto ritratto, con garbo e attenzione.
Ci si sente quasi presi per mano, in un viaggio onirico che ci spinge a riflettere [...]
Le figure ritratte, pur apparendo irreali replicano pacatamente la condizione dell’uomo, imbrigliato nella ripetitività dei gesti [...]
Sicuramente si evince una profonda sensibilità dettata dalla natura stessa del suo animo che emerge forte e incisiva come i pensieri che egli stesso imprigiona nei suoi scatti.
Emerge un evidente quanto calcolato progetto dietro ogni fotografia poiché nulla viene lasciato al caso. Le persone protagoniste degli scatti non sono riconoscibili nel senso che la fisiognomica dei volti rimane quasi celata [...]
Ogni fotografia rappresenta una storia, una storia che certamente trova vita e struttura nel pensiero dell’artista che l’ha elaborata [...]
Enrico Nicolò ha senza alcun dubbio voluto lasciare autonomo chi si è fermato ad osservare la sua arte [...]
Questa è la grandezza di Nicolò che ha fatto della sua arte un mezzo di comunicazione che mette al primo posto il rispetto di chi osserva e della sua intima e personale interpretazione.
Le fotografie di Enrico Nicolò sono un regalo per chi le osserva ed un senso di libertà attraversa la mente [...]
È assolutamente unica l’arte di Nicolò e non è necessario spingersi a fare paragoni con altri fotografi [...]
Non è certamente concluso il percorso artistico di Nicolò e questo si avverte dalla incessante ricerca di sperimentazione. Una sperimentazione mai priva di sentimento e sensibilità [...] sorprende quanto egli riesca a trasmettere fortissime emozioni anche attraverso il colore e nel tema “Suggestioni” si viene travolti da immagini volutamente mosse. Mosse dall’estro e dalla sensibilità eccezionale di un Uomo che ha fatto della fotografia un personale mezzo di comunicazione raggiungendo livelli tali che lo consegnano certamente alla storia dell’arte fotografica insieme ai più grandi.
2013, Monica Campanelli (storica dell’arte, giornalista, pittrice, direttore artistico della rivista “International Urbis et Artis”)
Dai riflessi di immense acque emergono isole intellettuali, “pensieri” catturati all'interno del reale. Enrico Nicolò presenta attraverso lo scatto fotografico la profondità della sua cultura. Un chiarore quasi metafisico avvolge l'uomo nella sua “assenza/presenza”, proprio mentre è intento nelle attività di Leggere e Scrivere. Partendo da tali scenari l'artista conferisce a particolari dettagli un valore universale, un qualcosa d'“altro”, di assoluto. Pur appartenendo al mondo quotidiano, le sue opere fotografiche divengono ambientazioni all'interno delle quali si manifesta l'“invisibile” in tutta la sua intensità e natura emozionale.
2013, Rosi Raneri (critico d'arte, direttore artistico)
[...] in tutta la produzione artistica del fotografo Enrico Nicolò sono ravvisabili i topoi della solitudine, dell'incomunicabilità e della spinta verso il trascendente quale unica e praticabile via di salvezza. Gli aspetti precipui di siffatta poetica ritornano con uguale rigore anche nell'ultima serie fotografica dal titolo Vorrei avere lacrime che mi bagnino gli occhi.
Difatti già in serie fotografiche come Solitudine del viandante del tempo, Oltre l'infinito sublime e Tempora et horae Nicolò aveva posto in essere una riflessione su talune verità dell'uomo che sono universali e ineludibili. Lo aveva fatto creando immagini fotografiche in bianco e nero con protagonisti la figura umana e il paesaggio: un paesaggio dagli ampi spazi, aspro, disabitato, e una figura umana, talora maschile talaltra femminile, posta di spalle all'osservatore e con lo sguardo rivolto all'orizzonte come in cerca di risposte ultime e definitive. Dunque, il linguaggio fotografico diventa in Nicolò una chiave per accedere al mondo del figurato e del simbolico ove ciò che vediamo non va assunto “alla lettera”, ma interpretato alla luce di significati esistenziali più alti. Ebbene, anche nell'ultima serie che qui è oggetto della nostra attenzione, il fotografo ricorre al bianco e nero e sceglie come protagonista delle sue foto una figura femminile – cosa d'altronde che aveva già fatto nella serie Oltre l'infinito sublime. Tuttavia notiamo un ulteriore passo in avanti: gli spazi aperti e ampi dei paesaggi ora rurali ora marini che avevano caratterizzato la produzione precedente di Nicolò, cedono il passo a immagini realizzate in interni. Dunque, per la prima volta Nicolò abbandona il paesaggio e il suo essere cassa di risonanza dei sentimenti di solitudine ed estraneità dei suoi personaggi per collocare la figura femminile in una dimora borghese di fine Ottocento. Anche qui non sfugge il fatto che Nicolò realizza per le sue foto una rigorosa messinscena che favorisce in chi guarda l'immedesimazione con il personaggio femminile, posto sempre di spalle e immerso in una penombra che ne esplicita lo stato d'animo precipuo, quello di un malessere fatale. La donna è colta, spesso, nell'atto di affacciarsi dalla finestra, come a voler rendere manifesto il senso di un'attesa, forse vana forse no, chi può dirlo, di qualcosa o qualcuno che la riscatti dall'ostinata reclusione cui ogni donna del suo tempo è inesorabilmente destinata. Dunque, qui, come nelle precedenti serie, Nicolò ritorna a far riflettere l'osservatore su verità ultime, così che la sua eroina di fine Ottocento diventa l'emblema di una condizione umana universale: quella della solitudine e della delusione per ciò che tarda ad arrivare.
2013, Annarita Curcio (critico fotografico, saggista, assistente editoriale e curatrice) “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
L'arte fotografica di Enrico Nicolò esprime tutta la sensibilità dell'autore nell'accostare le figure alla natura paesaggistica, creando una miscellanea perfetta dei due “universi”. Le sue fotografie hanno la capacità di catturare lo sguardo del fruitore che viene quasi preso per mano nel labirinto delle emozioni [...]. L'uso preminente del bianco e nero palesa una tecnica raffinatissima, frutto di un lungo e strenuo lavoro che evidenzia un'attenta sperimentazione [...]. Opere al limite del surrealismo che hanno altresì il potere di immergere chi le osserva in una realtà ancora più misteriosa [...]: quella dell'inconscio.
2013, Monica Campanelli (storica dell’arte, giornalista, pittrice, direttore artistico della rivista “International Urbis et Artis”)
[...] insieme di immagini che Nicolò ha prodotto traendole da alcuni interni di un palazzo ottocentesco dismesso, dove la stessa struttura architettonica di blocco quadrangolare chiuso e stretto tra il portone, la scalinata erta e le cucine interne, prelude alla costrizione. Quando poi entriamo con l’artista negli ambienti, l’atmosfera si configura attraverso gli scatti in un sottomesso dominio femminile: la figura che anima il contesto, di spalle e in controluce, guarda sempre verso l’esterno come per sfuggire alla pressione asfittica proveniente dall’interno casalingo dove, nel tardo ’800, le donne dell’alta borghesia erano confinate da ferree leggi patriarcali. [...] Èuna donna, quella di Nicolò, che guarda davanti a sé e non si mostra, non richiama né attende le lusinghe maschili, sorda alla retorica dell’omaggio alle bocche, ai seni, ai fianchi e ai profumi dell’enfasi dannunziana o neoclassica di Carducci o sensuale di Baudelaire; è la donna di Saba, invece, oppure quella che Freud pone in analisi. L’attrito tra i generi, lo scontro tra i secoli ho percepito nel lavoro di Enrico Nicolò che, in un pomeriggio estivo nelle stanze di un vecchio palazzo semi-abbandonato in Abruzzo, accompagnato dalla sua musa e moglie ad interpretare i ruoli della presenza e dell’assenza, ha inventato un racconto lieve e però faticoso di luce, di ombra e di silenzi più sonori di ogni passata retorica femminista.
2013, Marisa De Filippis (presidente dell’Associazione ITACA - Iniziative per il Turismo, l’Agricoltura, la Cultura, l’Ambiente) “Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di Cultura”
Questa eccezionale serie di fotografie di Enrico Nicolò apre un nuovo genere sia nel racconto della vita di Gesù sia nella tecnica fotografica medesima. [...]
Qui si tratta di presentare Gesù al credente in una forma inusuale. [...]
Ma di quale Gesù parliamo? [...] è il Gesù uomo la cui figura è resa in modo confuso, come in uno specchio, di quelli antichi fatti di rame alquanto ruvido. E ciò accade ruotando l’obiettivo un po’ a destra o a sinistra per non fissare la fantasia su una forma ben definita ma per lasciarle la libertà di penetrare il mistero di Cristo riconoscendone la divinità. Se questa è ineffabile è anche inimmaginabile. E come si può rendere l’ineffabile e l’inimmaginabile se non per mezzo dello sfocato? È questa l’originalità di questo libro, un libro che serve sia per accompagnare la meditazione del credente sia per indicare ai fotografi un nuovo approccio al Sacro.
2013, Prosper Stanley Grech (cardinale di Santa Romana Chiesa, professore emerito di diverse Università pontificie, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, membro della Pontificia Commissione Biblica e dell'Istituto Patristico Augustinianum)
Ecco allora il senso cristiano delle fotografie di Enrico Nicolò, che – pur fuori fuoco – “spiegano” — o, meglio, conducono in un luogo “privato” dove le spiegazioni non servono più, perché si sa di stare con Cristo.
[...]
La fede è in sé un’arte. In primo luogo è undono, ma un dono che, come il talento, chi lo riceve deve sviluppare. Non parlo qui de ‘la fede’ intesa come sistema, mirabile compendio di credenze e tradizioni, ma dell’atto di fede, del salto di fede, del rischio per cui si passa da un’esistenza ‘artigianale’ fatta di cause e effetti, alla vita sperimentata come arte, vissuta come un’opera ‘ispirata’, aperta alla gratuità, informata dalla grazia. Le cause e gli effetti possono esigere vendette e guerre, imprigionando l’uomo; la grazia, che è verità gratuitamente donata, perdona e rende liberi.
Ecco, le “intuizioni immaginifiche” di Enrico Nicolò testimoniano questa grazia liberatrice, questa verità donata che cambia la vita.
2013, Timothy Verdon (sacerdote, storico dell'arte, Canonico della Cattedrale di Firenze, direttore sia dell'Ufficio Diocesano dell'Arte Sacra e dei Beni Culturali Ecclesiastici sia del Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore, già Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e Fellow dello Harvard University Center for Italian Renaissance Studies, docente presso la Stanford University (sezione fiorentina), direttore del Centro per l'Ecumenismo dell'Arcidiocesi Fiorentina, autore di libri e articoli sul tema dell'arte sacra, articolista per la pagina culturale de L'Osservatore Romano)
Enrico Nicolò [...] un lavoro che fa del vedere un cammino spirituale. E, in questo senso, appartiene alla più autentica tradizione del cristianesimo, che [...] ha nel vedere uno dei suoi punti di forza. [...]
Enrico Nicolò persegue la via del vedere, o meglio, dell’intravvedere. Prima di lui altri avevano creato (già nell’Ottocento) delle immagini fotografiche di alcuni momenti dei vangeli. Egli però segue una via tutta particolare: li ripercorre in gran parte e usando, per la prima volta, un’accentuazione del cosiddetto fuoco morbido introdotto dal fotografo inglese David Wilkie Wynfield (1837-1887), dal quale passò a Julia Margaret Cameron (1815-1879).
Ogni immagine viene accompagnata da una didascalia costituita da un versetto dei vangeli. Significativamente, la prima fotografia rimanda a Matteo 4, 16: Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce. Enrico Nicolò comincia dunque da dove è giusto cominciare: dalla luce, per parlare di quello che nei vangeli è la Luce.
Di fronte a queste immagini di Nicolò forse anche alcuni iconoclasti non avrebbero avuto niente da dire. Nelle immagini del nostro fotografo, infatti, nulla esattamente si vede. Per dare chiarezza al tutto c’è bisogno della parola della Scrittura, della luce del cuore e del ragionamento. E questo è, per me, un grande risultato.
2013, Diego Mormorio (critico e storico della fotografia, saggista e narratore)
Enrico Nicolò con le sue fotografie azzarda l’impossibile in fotografia: far rivedere l’avventura e la svolta per l’umanità che sono state il cammino di Cristo. Con una grande acutezza, scartando a priori la fedeltà scenica del cinema, a favore di una nebulosità del ricordo, data dalla scelta di rinunciare al nitore assoluto. In questo senso si tratta di una serie di fotografie dalla peculiarità aperta, proprio perché sono i Vangeli i testi più aperti della spiritualità, fonte inesauribile di luce e vita.
In queste immagini di Nicolò ciascuno di noi potrà trovare il riscontro cercato ogni domenica; le sue fotografie sembrano porre all’osservatore le domande che segnano la storia della filosofia e delle religioni. [...]
Questioni immense, per la nostra caducità di uomini. Che l’opera di Enrico Nicolò penetra e instilla come una clessidra continua: da viandante del tempo egli infatti riesce a fotografare quello che non si immagina di vedere. Una dote rara, e soprattutto imprevista, nella scena della fotografia contemporanea.
2013, Andrea Attardi (fotografo, scrittore, critico fotografico, docente di Fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma)
L'inesauribile potenzialità della parola biblica, che per i credenti è la sola custode delle origini e del destino dell'uomo, torna a farsi immagine, grazie a un lodevole sforzo di transcodificazione nell'ultimo lavoro del fotografo Enrico Nicolò. Il suo “racconto”, che si ispira in maniera fedele ad alcuni passi tratti dai Vangeli, si focalizza quasi esclusivamente sulla figura di Gesù e dei suoi discepoli [...]
[...] lungi dal privilegiare ambientazioni realistiche, ogni scatto è reso da Nicolò attraverso la tecnica dello sfocato. Così facendo, in un alternarsi di campi lunghi e lunghissimi, la dilatazione delle forme sembra voler scaturire dal tentativo di trasporre e rappresentare la realtà trascendente di Dio.
In un mondo irrimediabilmente votato a un laico razionalismo, conforta che un artista si volga verso il sacro per ascoltarne gli echi, forse nel tentativo di riscattare l'uomo dall'insensatezza di un vivere puramente biologico e utilitaristico. Infatti, per mezzo di questa intuizione estetica, lo sfocato appunto, Nicolò ha saputo rendere manifesta la vicinanza della parola divina, cercando con le proprie fotografie di riempire lo spazio che costituisce la distanza da quel mistero di cui ogni poeta e artista ha chiara percezione.
2013, Annarita Curcio (critico fotografico, saggista, assistente editoriale e curatrice)
Le sue fotografie consapevolmente sfocate sembrano puntare dritto al nocciolo del tema, la Rivelazione di Cristo, con una fermezza tale da avvicinarsi quasi a un monito. [...]
Èevidente l’impegno speso dal fotografo nel cercare di affidare la sostanza e il messaggio di un tema così elevato a modi espressivi idonei.
[...] con assoluta discrezione, le fotografie di Nicolò sembrano ricordarci la limitatezza terrena rispetto alla conoscenza e alla visione che l’uomo ha di Dio. C’è una distanza di rispetto in queste fotografie di fronte alla rappresentazione del divino [...] ma pure una forza poetica e inchiodante riassunta nel [...] versetto di MatteoSgridò i venti e il mare scelto per il titolo. [...]
La fotografia di Enrico Nicolò, da sempre incentrata su temi dell’esistenza umana, come la sofferenza, la fragilità, la solitudine e la tensione dell’uomo al trascendente, e rivelata attraverso un linguaggio simbolico, fatto di paesaggi concettuali e interiori, credo si possa definire una fotografia in cammino, che fa riferimento al cammino quotidiano dell’uomo in questo tempo così accidentato, ribadendo anche il dono innato della capacità di sintesi che sin dalle sue origini la fotografia stessa ha in sé.
2013, Paola Di Giammaria (storica dell'arte romana, curatrice e responsabile della Fototeca dei Musei Vaticani)
[…] Enrico Nicolò, lettore di infinito, narratore di poesia. […]
“Sgridò i venti e il mare” […] Non è azzardato definire questo affresco fotografico il puzzle della nostra vita incompiuta che reclama la Via la Verità la Vita.
2013, Dante Fasciolo (giornalista, regista cine-TV, scrittore e fotografo)
Da quando il padre Luigi, a dieci anni, gli lasciò usare la sua preziosa macchina fotografica, Enrico Nicolò non ha mai smesso di esprimersi fotografando, arrivando a creare immagini che, superando la rappresentazione del soggetto raffigurato, divengono espressione di sentimenti personali e al tempo stesso universali. Convinto che si possa dare amore anche per immagini, l’artista condivide l’idea di coloro che credono che l’arte debba portare il bello nel mondo.
“Fotografo perché ho qualcosa da scrivere”, dice lo stesso Nicolò e, sebbene questa affermazione possa sembrare paradossale, racchiude invece tutta la sua poetica. Egli è infatti anche scrittore e poeta ma oggi avverte la necessità di essere “fotopittore di poesie e paesaggi dell’animo”.
Nelle fotografie di Nicolò protagonisti sono gli aspetti esistenziali dell’essere umano, il suo viaggio interiore, le sue fragilità e caducità, la limitatezza temporale del suo destino terreno e la volontà e necessità di elevarsi verso la trascendenza. Tutto ciò rispettando la sensibilità dell’osservatore e del fruitore, evitando di scioccarlo, pur straniandolo e costernandolo. Sebbene l’essere umano sia protagonista, non compare mai in modo gridato nelle fotografie di Nicolò.Èinfatti di solito una presenza piccola, lontana, ripresa da dietro, mentre il paesaggio intorno è sempre dotato di largo respiro.È proprio grazie a queste atmosfere che nascono istanti che si muovono in una dimensione spazio-temporale rallentata e dilatata, silenziosa e fortemente simbolica.
Nella serie di fotografie intitolate Sgridò i venti e il mare, Nicolò amplifica il suo bisogno di andare “oltre l’infinito sublime” e di accostarsi a Colui che è Egli stesso la Vita. La scelta dell’effetto sfocato nelle immagini riporta alla universalità del tema mentre la luce esalta le visioni. Le figure non mostrano mai il volto e sono parte del paesaggio che le circonda.
2013, Cinzia Folcarelli (critica e storica dell’arte, curatrice, collaboratrice di gallerie, presidente dell'UCAI Roma 1 - Galleria La Pigna, direttrice del sito www.galleriadarteonline.it)
Con audacia cosciente e determinata, Enrico Nicolò fotografo artista lancia a se stesso sfide interpretative di singolare eccellenza. E sembra raccogliere, e quindi affrontare, soltanto quelle della cui complessa profondità risulti intimamente persuaso.
Così è per Sgridò i venti e il mare, un lavoro che non ha anteriori nella storia della fotografia tout court: operazione di parafrasi visiva che, muovendo dalla base testuale di passi del Vangelo, si articola lungo soluzioni iconografiche messe in scena con originalità a dir poco ingegnosa.
[...] la dominante opzione per lo sfocato, unita all’esclusività del dato monocromatico, tradisce un atteggiamento di ossequiosa deferenza da parte dell’autore nei confronti della sacertà dei soggetti e dei momenti illustrati [...]
2013, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, fondatore e direttore della Galleria Gallerati di Roma)
[...] della nostalgia e del desiderio impossibile di toccare l’uomo Gesù, oltre che della nostra percezione confusa di Dio, parlano le foto di Enrico Nicolò, nel loro sapiente uso dello sfocato e del mosso creativo, significativamente accompagnate dalle parole dei vangeli che parlano dei gesti di Gesù. Dice bene, dunque, l’Autore, concludendo la sua presentazione del tema fotografico: «il fuori fuoco si confermava idoneo a offrire una raffigurazione “mediata” che rispecchiasse simultaneamente la realtà del vero Dio e dell'uomo Gesù».
2013, Emanuela Prinzivalli (professore ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese presso la Sapienza, Università di Roma)
L’intera opera artistica di Enrico Nicolò è di natura teologica [...]
Il maestro parte dal seguire Gesù e i discepoli nel loro andare per il mondo; in questo l’uno e gli altri appartengono alla storia, cioè al fenomeno e alla regio dissimilitudinis . Nello stesso tempo però l’artista ci ricorda che Gesù e i discepoli appartengono all’Eterno. Nicolò [...] così sfarina i corpi e i personaggi [...] Lavora in questa direzione perché dilatando le forme, queste si aprono meravigliosamente a Dio infinito . [...] Sgridò i venti e il mare, un lavoro che ci fa comprendere come l’arte, per Enrico Nicolò, non possa che essere costantemente abbacinata dall’assolutezza di Dio.
2013, Robertomaria Siena (critico d’arte e scrittore, docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Roma dal 1992 al 2013)
Enrico Nicolò [...] sembra porre una distanza di sicurezza tra gli eventi che raffigura e chi osserva. Un allontanamento che non vuol dire neutralità, bensì rispettoso distacco da qualcosa che va oltre il visibile. Da contemplare prima ancora che da comprendere.
Anche per questo la scelta degli episodi dei Vangeli, secondari ma pur sempre squarci aperti sul mistero dell’incarnazione, non solo traccia un perimetro semantico, ma ci dice soprattutto la delicatezza dello sguardo, che non azzarda immagini grandiose, ma si sofferma sulla quotidianità. Una quotidianità non statica, ma in movimento. Le immagini – volutamente senza tempo – invitano a seguire quanti ebbero il dono di poter vedere, loro sì, l’invisibile, il Dio fattosi uomo. A ricalcarne le orme su polverosi deserti, su sponde di acque placide e infide al tempo. Con discrezione. Spazi indefinibili in cui si muovono figure altrettanto indefinite nelle quali riconoscersi, come cauti e curiosi pellegrini. E del resto non è questa la parabola dell’uomo su questa terra, in costante cammino alla ricerca di se stesso, di un senso alla propria vita?
Con un’operazione di sostanziale sottrazione, che rende al minimo la scena quasi a non voler influenzare lo sguardo, Nicolò ci suggerisce un orizzonte più alto. Lascia alla nostra sensibilità il compito di riempire gli spazi e di incarnare i personaggi. Se, come afferma Roland Barthes, “una foto è sempre invisibile: ciò che vediamo non è lei”, l’artista ci pone dinanzi alle nostre conoscenze e ci sfida a completare un quadro da lui solo abbozzato. Cosicché la sua ricerca diviene anche la nostra.
2013, Gaetano Vallini (giornalista professionista, segretario di redazione de “L’Osservatore Romano”)
[...] un libro che, a prima vista, regala emozioni forti, e ci permette di fermarci a meditare sulla nostra vita e sui doni che abbiamo ricevuto.
Mi ha colpito l’originalità che l’Autore, con grande sensibilità, ha utilizzato per farci riflettere sulla vita di Nostro Signore Gesù Cristo. Questo fatto di rendere la vita di Gesù un po’ sfocata rispecchia appieno la libertà che Dio ci lascia nel voler accettare questo dono di amore che ci viene fatto.
Ogni foto porta a risultati diversi, ad immaginazioni ogni volta nuove, in alcune occasioni impenetrabili e altre di “facile lettura”, secondo il nostro stato d’animo.
Spero che [...] possa essere utile a ciascun lettore per fermarsi un attimo nella vita frenetica di ogni giorno e pensare a come viviamo il nostro essere uomini di questa società moderna e globalizzata.
2013, Antonello Cattani (Direttore Commerciale e Sviluppo Business di Cattolica Assicurazioni)
Il fotografo lascia che il libro (“Oltre il visibile” - n.d.r.) si apra con una serie di scatti sul paesaggio: gli spiccati contrasti di bianco e nero della terra sotto cieli fatti plumbei, ottenuti tra obiettivo e pellicola [...] la grana che rende tattile non solo l’ambiente naturale ma anche l’atmosfera impalpabile, in una sorta di rinascita chimico-tecnologica della prospettiva aerea; i campi lunghi di una visione orizzontale che riempie lo spazio a fasce, dove ogni elemento naturale è un gradiente nella scala dei grigi. Una collezione di paesaggi puri e al contempo concettuali ottenuti con estremo controllo tecnico, come rivelano gli scatti marini, i cui tempi lenti tramutano l’acqua in un panno denso e semitrasparente che si impasta con la luce.
[...] sfogliando le pagine di “Oltre il visibile”, si fa sempre più chiaro che, per Enrico Nicolò, il paesaggio è un espediente per parlare di persone, per inquadrare gli interrogativi che si affastellano nell’animo umano. La figura umana arriva a dare una dimensione al paesaggio mentre il paesaggio offre un significato ai personaggi che ne occupano la scenografia naturale. La composizione è una stratificazione che imbriglia il soggetto e da questo si fa interrompere e forare. A differenza del paesaggio, che è là, preciso e ben leggibile sulla superficie della foto, le persone di Nicolò spesso arrivano ad essere sintetiche sagome in controluce. Ecco dunque cos’è oltre il visibile: il volto, simbolo dell’individuo nella sua interezza, resta sempre celato in questi personaggi [...] Non credo si possa dire che il fotografo rifugga il ritratto; quel che il fotografo sceglie di mancare è quel doppio nodo del volto del soggetto ritratto che ci guarda mentre lo stiamo guardando. I suoi soggetti ignorano l’occhio del fotografo, prima, e del fruitore, poi, mentre il fotografo cerca di non guardarli in faccia, per non farsi vedere.
Tuttavia l’intreccio della rappresentazione mette in moto un processo di immedesimazione: l’uomo o la donna di schiena non sono semplici individui anonimi, bensì sono anche il fotografo e, al contempo, il fruitore. Addirittura possono essere ciascuno di noi, colto nell’impossibilità di guardare direttamente nei propri occhi, chiuso in un’idea del sé che è sempre parziale, incompleta, da dietro , intento a chiedersi “chi sono?”.
2014, Jamila Campagna, “Il Muro Mag - magazine di arte”
Cosa spinge un uomo a utilizzare un mezzo espressivo? Le ragioni sono molteplici [...] e nel caso di Enrico Nicolò sono una necessità che nasce da una profonda ricerca interiore, da un volere rintracciare risposte a domande che nascono dal profondo dell’animo e che riguardano direttamente il perché della nostra esistenza. Il nostro vivere su questo mondo, la nostra inevitabile caducità, la nostra grandezza e allo stesso tempo limitatezza, spingono l’artista a indagare in questi temi. In base a ciò che lo circonda, in base alla propria esperienza, con acume e umiltà d’animo, cerca di avvicinarsi in qualche modo alla verità. Il mezzo da lui prescelto non può che essere la fotografia, tecnica più vicina a un’analisi fuori da sé, a un’osservazione di se stessi e del mondo attraverso una giusta distanza: la stessa distanza che si rinviene nell’etimologia della parola esistenzialismo, allontanarsi da noi stessi mentalmente per riuscire a cogliere ciò che riguarda il nostro mondo.
2014, Valentina Trisolino (storica della fotografia e curatrice)
[In “Sgridò i venti e il mare - Intuizioni di immagini dai Vangeli” - n.d.r.] C’è un infinito che non si può vedere, e tanto meno fotografare. Ma si può pre-sentire, in quelle lande in cui il silenzio diventa voce, in quel mare in cui la luce è abbaglio e riflesso di un cielo più grande. Il bianco e nero acuisce i contrasti luce-ombra, e dà voce a questo silenzio. È un silenzio solitario e assordante, e per sua essenza valoriale. Ci costringe a pensare, e ci avvicina a Dio. L’infinito, che pure non riusciamo a descrivere, si può desiderare, e desiderando, immaginare. [...] l’immagine è silenzio che diventa strada verso l’infinito.
2014, Maurizia Berardi (curatrice d'arte)
Enrico Nicolò è un fotografo che ambienta i suoi lavori come scenografie di set cinematografici. Le sue opere sono minimali e concettuali ed indagano l’essenza dell’infinito.
2014, Cristina Colaninno
Convinto che si possa dare amore anche per immagini, l’artista condivide l’idea di coloro che credono che l’arte debba portare il bello nel mondo.
“Fotografo perché ho qualcosa da scrivere”, dice lo stesso Nicolò e, sebbene questa affermazione possa sembrare paradossale, racchiude invece tutta la sua poetica. Egli è infatti anche scrittore e poeta ma oggi avverte la necessità di essere “fotopittore di poesie e paesaggi dell’animo”.
Nelle fotografie di Nicolò protagonisti sono gli aspetti esistenziali dell’essere umano, il suo viaggio interiore, le sue fragilità e caducità, la limitatezza temporale del suo destino terreno e la volontà e necessità di elevarsi verso la trascendenza.
2014, “Arte e Fede - Quadrimestrale di Arte e Cultura”
Nell’immaginario collettivo, un fotografo bravo è quello che trasmette al “soggetto ritratto” la capacità di parlare e di raccontare un’emozione, una storia, uno stato d’animo. Ma in Enrico Nicolò, la fotografia non parla tanto di sé o di quello che fa vedere, quanto di qualcosa che non appare, ma “c’è e si intravvede”. Paolo Apostolo nella lettera ai Romani scrive: “Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza… Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza” (Rm 8,22-25). In altre parole, attraverso le opere del creato possiamo già pre-gustare le realtà invisibili. “Le perfezioni invisibili (di Dio), ossia la sua eterna potenza e divinità – è sempre Paolo che parla - vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute” (Rm 1,19-20).
Qui si cela, a parer mio, l’arte oltremodo profonda e “speculativa” del fotografo Enrico Nicolò: conferire forma e colore a “ciò che non si vede”. Nella presentazione dell’opera da lui redatta, ci si imbatte in un passaggio che evidenzia con estrema chiarezza il suo pensiero: “Le mie fotografie e, quindi, la mia poetica dell’“oltre” ed estetica dell’“invisibile”, sono riconducibili a tale denominazione, che trovo pertinente e suggestiva. Il mio “oltre il visibile”, in fondo, questo vuole significare”. Pare che riecheggi in queste parole la definizione della Fede suggerita dalla Lettera agli Ebrei: “La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.” (Eb 11,1).
[...]
In Enrico Nicolò la realtà fotografata è una piattaforma dove uno si ritrova solo con se stesso, quasi abbandonato al destino, ma ansioso di scoprire, in una spasmodica ricerca, la via d’uscita. La serie fotografica che porta il titolo Sed quae non videntur, tratto dalla II Lettera ai Corinti (2Cor 4,18), già di per sé rappresenta un profondo monito a non fissarsi su “le cose visibili”, perché sono di un momento e possono trarre in inganno. In realtà esse potrebbero far cadere l’uomo nella errata convinzione che “oltre il visibile” non c’è più nulla. Qui mi si presenta davanti agli occhi la eloquente fotografia con la scritta “Vias tuas Domine demonstra mihi”. Questo versetto tratto dal Salmo 24, in cui prorompe la preghiera a Dio nel pericolo, mostra l’ardente desiderio che l’uomo ha di ricercare le “vie del Signore” per uscire da situazioni difficili e intricate. Esso potrebbe essere anche chiave di lettura della “poetica dell’oltre” di Enrico Nicolò. Il mondo, infatti, con tutte le sue meraviglie, pare che additi in continuazione l’esistenza di “un mondo invisibile”. Ma l’attrattiva delle realtà terrene è in forte contrasto con le attrattive delle realtà ultraterrene. Il profeta Osea traduce questo conflitto con una espressione di grande effetto: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7).
Di qui, la diuturna lotta tra il bene e il male, tra la grazia di Dio e il peccato. Una lotta che accompagna l’uomo in tutta la sua esistenza e che Nicolò esprime attraverso fotografie in bianco e nero. A volte prevale il bianco, a volte il nero, spesso il grigio, il colore del dubbio e della incertezza.
Riflettendo sulla raccolta Sed quae non videntur in cui si ammirano foto accompagnate da versetti biblici scelti ad hoc, si percepisce quasi tangibilmente l’obiettivo e la “poetica dell’oltre” di Enrico Nicolò. Quell’“oltre” che giustifica la sua affermazione “Il bianco muove e vince all’alba”. Sì, a quell’alba pregna di autentica bellezza che, per concludere con Benedetto XVI, “schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé”.
2014, Padre Domenico Lanci, Passionista
Portare la parola dentro l’immagine, anche e soprattutto quando la Parola è quella di Dio. Enrico Nicolò, attraverso la sua arte fotografica, desidera contribuire ad avvicinare l’uomo alla Verità e, in questo suo ultimo lavoro, ha scelto di farlo esprimendosi in latino, attraverso frasi estratte dalla Vulgata Clementina. Sed quae non videntur si compone di un corpus di immagini fotografiche, rigorosamente in bianco e nero, in cui, all’interno di lirici paesaggi, si stagliano messaggi tratti da brani della Sacra Scrittura. I brani sono scritti con il gesso su lastre di lavagna, materiale scelto non a caso, ma proprio perché si tratta di un minerale presente in natura, quindi meglio integrabile con il paesaggio stesso, che sempre riveste un ruolo fondamentale nei lavori di Nicolò ed è legato alla sua “poetica dell’Oltre”. [...] L’osservatore può così essere proiettato verso l’infinito, oltre l’esistenza terrena, verso la vita eterna.Con la sua arte Nicolò vuole sempre trasmettere un messaggio positivo, di apertura, verso il bene, il vero, il bello, ovvero verso la bellezza del Creato. Secondo Nicolò l’artista, come ogni uomo, deve fare buon uso del suo tempo, trasmettendo un messaggio che possa contribuire ad elevare lo spirito dell’essere umano. E con l’arte sacra Nicolò “massimizza” tutto ciò.
[...] la prima tavola recitaNon contemplantibus nobis quae videntur, sed quae non videntur e racchiude tutta la poetica di questo lavoro di Nicolò, che ci esorta a non guardare alle cose che si vedono ma a quelle che non si vedono [...]
2014, Cinzia Folcarelli (critica e storica dell’arte, curatrice)
Nove scatti che ritraggono attrici del cinema del passato. Le foto scattate con tecnica tradizionale analogica rimandano immediatamente alla pellicola cinematografica nella banda perforata che appare sopra e sotto.
Le dive ci guardano da dentro la copertina di un cineromanzo.
Vecchie riviste, forse abbandonate o dimenticate da qualcuno, poggiano su fondi anomali: un prato, stoppie, sassi, scogli, ciottoli, come sempre nel mondo poetico di Enrico Nicolò frutto di un lavoro di spoliazione per ottenere un paesaggio metafisico, mai usuale, mai scontato, mai banale. Uno spazio che parli all’anima dello spettatore, che faccia vibrare in lui delle corde non solo di superficie.
[...]
Appare evidente che un tema carissimo all’autore è il tema del tempo e nella contraddizione interna dei termini di cui il titolo si compone già ci viene suggerita tutta la sua poetica. Dive di carta, icone in celluloide, quasi due ossimori.
[...]
Si ha l’impressione di trovarsi in un gioco di scatole cinesi dove molti sono i rimandi metatestuali tra cui i nomi delle riviste. Emblematici Star e Fotogrammi. È infatti dall’interno dei fotogrammi che le stelle ci guardano.
2014, Giuliana Paolucci (critico d'arte)
Le foto di Nicolò sono un omaggio al cinema innanzitutto (vedi il lavoro sempre in pellicola dell’artista e la cornice di celluloide dei singoli scatti in questione) e alla bellezza femminile nella sua essenza.
Alcune foto sono calme e malinconiche, alcune le ho trovate attraversate da un’elegante e sottile ironia, lo scatto in cui abbiamo Gene Tierney in copertina, racchiude l’essenza del lavoro di Nicolò, che dichiara essere sempre l’essere umano il centro della sua ricerca: una donna di cui non vediamo il volto, tiene tra le mani la rivista, e l’immagine della splendida attrice americana (ma con una vita dalle tinte tragiche e drammatiche) si sovrappone e copre quello della lettrice.. ecco fatto!
2014, Elda Alvigini (attrice di teatro, cinema e televisione)
Sfogliando le fotografie dell’artista Enrico Nicolò si ha subito la consapevolezza di stare osservando non semplici immagini fotografiche, ma espressioni dell’arte che trasmettono sensazioni che vengono dall’animo dell’autore e raggiungono l’animo di chi le guarda. Fotografie portatrici di emozioni [...]
Per guardare queste particolari fotografie di attrici [...] è necessario avere calma e pazienza e soffermarsi a pensare molto a lungo. [...] Mi danno un senso di solitudine, magari immerso in un infinito leopardiano, ma non di malinconia. Infatti non trovo assolutamente tristezza in queste immagini poiché dalla visione di queste dive, che hanno rappresentato il sogno, scaturisce qualcosa di continuo e persistente, che dura nel tempo, imperituro. Loro, le dive, mi riportano sì un po’ al passato, ma non finiscono mai, non sono mai invecchiate, le porti sempre con te, come penso sia per Enrico Nicolò che ha scattato queste fotografie ambientate delle riviste d’epoca in cui apparivano ritratte queste splendide attrici, sebbene egli, per altri versi, metta pure in luce differenti aspetti, quali l’abbandono, la labilità e la caducità, come il titolo della serie fotografica stessa lascia intravedere. [...]
2014, Vittoria Febbi (attrice, doppiatrice e direttrice di doppiaggio)
Scrive Platone nelle Leggi “anche quel piccolo frammento che tu rappresenti o uomo, ha sempre il suo intimo rapporto con il cosmo e la vita che in esso si svolge”. Credo di poter riassumere così la poetica che sta alla base della continua ricerca fotografica di Enrico Nicolò.
È la rappresentazione del “naufragar m’è dolce in questo mare” di leopardiana memoria. Ma ancor più è un continuo racconto della vita, così bella, fascinosa, inquieta, enigmatica e sorprendente. Come pure la donna che è amante, madre, forza, fragilità, protagonista e vittima in un mondo quale è quello di oggi in cui assistiamo sempre più a una totale indifferenza rispetto ai valori, a una esistenza senza sussulti, a una diffusa noia, a uno spleen senza poesia.
Nel suo ultimo lavoro (“Around a Woman” - n.d.r.) il fotografo rivolge la sua particolare e tenera attenzione all’universo femminile cercando, attraverso gli scatti, di scoprire ciò che alberga nella mente e nel cuore di Lei. Ci appare, così, osservando in successione le immagini, la grande energia che muove la figura femminile nel guardare avanti a sé [...]
2014, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale)
La tenda che si scosta, la finestra aperta e lo sguardo perso in un altrove indefinito e malinconico. La luce avvolge una donna nella sua intimità domestica e in quella dei suoi pensieri, come una dolce carezza. La leggiadria delle mani tra i capelli, delle braccia sollevate lasciano intravedere [...] la speranza, la voglia di andare oltre. Il guardare al di là della finestra è un modo per abbracciare il mondo e al tempo stesso per rimanerne discretamente fuori, ad osservare. Sono immagini che parlano dell’esistenza umana attraverso luci e ombre, della fragilità dell’essere umano [...]
2014, Arianna Marchesan (storica dell'arte e curatrice)
Lo strano termine di suo conio, Photoblurrygraph, con cui le foto sono identificate, è uno di quei prodotti mentali che legano «a catena» entità, idee o azioni distinte, che, una volta integrate, assumono un significato ben più ampio e profondo dei singoli componenti originari [...]
Si sente in questa parola composta l’eco di suoni suggestivi e lontani: è una «grafia» che graffia la superficie del supporto, la carta come un tempo la tavoletta ricoperta di cera, per incidere e imprimere in maniera duratura segni significanti [...]
Sfogliare le immagini raccolte nel libro è come assistere in diretta [...] a un passaggio lento ma inarrestabile dall’impressionismo al post-impressionismo fino a giungere [...] a una forma di vero e proprio espressionismo astratto, al completo disfacimento delle forme e dei materiali in accostamenti nebulosi di colori e di luci brillanti e vivaci. [...] lo sguardo, finalmente liberato dall’obbligo soffocante e quasi meccanico di ricostruire una realtà materica identificabile, spazia leggero tra complessi equilibri di pieni e vuoti puramente virtuali, tra colori leggeri o pesanti in perenne e reciproco contrasto, tra lampi di luce e macchie tenebrose, che possono comunicare all’osservatore soltanto una tempesta di pulsanti emozioni interiori [...]
C’è naturalmente in tutto ciò un qualche ricordo della sensibilità esasperata e tipicamente romantica pervasa di spiritualità e senso del divino, che schiaccia le misere creature umane, attonite e smarrite dinanzi all’immenso e possente spettacolo della natura. Nei testi critici che accompagnano le immagini, è stata ampiamente citata la pittura di Caspar David Friedrich, uno dei più alti interpreti del Romanticismo tedesco. Nelle indefinite figure che guardano di schiena l’orizzonte lontano, dove si incontrano e si confondono il cielo e il mare, c’è una traccia evidente del Monaco in riva al mare - 1808/10, del Viandante sul mare di nebbia - 1818: un senso inquieto di attesa impregna il racconto fotografico [...] C’è insomma lo stesso senso del divino, ma c’è nello stesso tempo anche quel carattere di dubbiosa e provvisoria frammentarietà che costituisce un segno tipico della nostra epoca di crisi.
Così si avverte, nella scelta dello «sfocamento», un inevitabile richiamo alle prime ricerche di Balla (Dinamismo di un cane al guinzaglio - 1912) e di Marcel Duchamp (Nudo che scende le scale - 1912/16): un collegamento che non stupisce in un ingegnere elettronico, che non disdegna di abbinare la ricerca scientifica a quella fotografica. Ma questa volta non si tratta di rendere in qualche modo percepibile il movimento attraverso una dissolvenza controllata che appartiene forse più alla televisione che al cinema, ma di sintetizzare la realtà, eliminando le scorie dovute alla riconoscibilità dei dettagli, per attingere una migliore comprensione delle sensazioni che affollano il cuore più che dei meccanismi che presiedono alla visione cerebrale.
Se, all’inizio, la pittura ha preso in prestito dalla nascente fotografia il risultato delle lunghe pose necessarie per imprimere le immagini sul negativo, trasformandolo in qualità estetica della rappresentazione, è oggi la fotografia a far tesoro della visione deformante e suggestiva della pittura, per proporre una nuova ipotesi di lettura non superficiale del reale. Nella nebbia che sfuma i contorni, l’immagine si decanta e diventa paradossalmente più nitida proprio nella sua essenza: la stessa energia che destruttura la rappresentazione ricompone un’immagine nuova che si presenta questa volta come pura qualità. In questo senso, alle immagini di Nicolò sarebbe forse più giusto associare non tanto la pittura tedesca o le avanguardie novecentesche quanto le affascinanti brume pittoriche di Turner, la luce intensa che nei suoi quadri squarcia la nebbia mentre confonde in turbinanti nebulose cielo, terra e mare.
[...] uno sfocamento più o meno diffuso, che non pregiudica le nostre possibilità di comprensione, ma finisce anzi per esaltare le umane capacità di percezione istintiva, empatica della natura: un universo color pastello, fatto di continue esplosioni di luci e colori, ci avvolge e ci lascia come abbagliati e sbigottiti dinanzi a forme evanescenti di una bellezza assoluta, dove l’uomo è scomparso [...], per lasciarci da soli [...] È in questa sensazione di solitudine [...] che Enrico Nicolò si rivela fino in fondo figlio sensibile del nostro tempo: un tempo che se da un lato ci spinge a non vedere particolari sempre più agghiaccianti, ci induce dall’altro, forse come unica possibile compensazione, a ricercare nel profondo di noi stessi la risposta a mille promesse tradite.
2015, Saverio Ciarcia (docente di Progettazione Architettonica all'Università degli Studi di Napoli Federico II)
Sono le cinque. Un uomo sembra specchiarsi nella propria ombra, rivolto verso il bianco abbagliante di una parete. Il volto, in posizione sghemba, è invisibile; in una mano l’asta di un grande orologio. È un personaggio enigmatico che ricorre nell’iconografia della serie fotografica che Enrico Nicolò dedica al tema Tempora et horae. L’eleganza del bianco e nero e i contrasti netti tra luce e ombra danno corpo alla figurazione di un’allegoria, sottolineando la consistenza misteriosa e indefinibile che è propria dell’esperienza del tempo.
2015, Silvia Bordini (storica dell'arte)
Enrico Nicolò, come noto, è fotografo di pensieri, stati d'animo e sensazioni. L'artista pratica la fotografia analogica creando immagini spesso concettuali e speculative, che superano la rappresentazione del soggetto inquadrato per divenire espressione di sentimenti personali e universali.
[...] suo tema fotografico inedito Split Reality, a sfondo esistenziale, per la realizzazione del quale l'autore ha intenzionalmente e opportunamente inserito uno specchio nel paesaggio di volta in volta inquadrato.
L'uso degli specchi in fotografia, come fatto tecnico, non è certo una novità. Per esempio, la celebre fotografa newyorchese Florence Henri affermava in una intervista: «Gli specchi sono da me usati per presentare in una sola fotografia lo stesso soggetto, in modo da dare, di uno stesso motivo, delle visioni diverse, che si completano a vicenda e che riescono a spiegarlo meglio, interpenetrandosi l'una con l'altra».
Gli specchi li troviamo dunque anche nelle fotografie di Enrico Nicolò, il quale però non si limita a presentare in una sola foto uno stesso soggetto visto da diverse angolazioni, bensì diversi soggetti o meglio diverse realtà portatrici di significati più o meno celati. Split Reality , spiega l'autore, raccoglie una serie di fotografie, in bianco e nero, che presentano una realtà sdoppiata dove ciò che risulta riflesso crea discontinuità, stacco, giustapposizione e contrapposizione. [...] La sua è una continua ricerca, tecnica ed emozionale, volta a immaginare un cambiamento futuro. Di fronte a un presente molto incerto, il fotografo non vorrebbe accettare quello che sostiene il filosofo Karl Jaspers: «Non è detto che l'umanità progredisca sempre, può anche accadere che regredisca». Come tutti noi occidentali che apparteniamo alla cultura giudaico-cristiana, Nicolò è ancora e sempre in cerca di una “speranza”, luce, a volte tenue, proiettata sul futuro.
2015, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale)
[...] le fotografie di Enrico Nicolò [...] appaiono prodigiosamente sfocate, dal fascino [...] malinconico dei luoghi e delle persone che esistono nei pensieri e nella memoria.
Sospese tra consapevolezza e desiderio, le fotografie di questo libro (“Photoblurrygraph” – n.d.r.) sono l’espressione di un vivere poetico che nelle immagini incarna interrogativi universali ed esistenziali.
In esse tutto appare in uno stato onirico, in un giuoco d’ordine capace di suggerire un altro ordine della vita e in un segreto, ambiguo e conquistato equilibrio.
In esse la fotografia si trasforma in pensiero.
2015, Franco Carlisi (fotografo artista, editore, direttore della rivista Gente di Fotografia)
[...] ci troviamo di fronte a un fotografo maturo, a un autore tout-court [...] da autore, non teme di osare, di sperimentare, di deviare dalle sue precedenti esperienze espressive [...]
[...] per quanto attiene alle scelte stilistiche e alle operazioni formali [...] con la serie fotografica confluita in questo libro ci troviamo dinnanzi a una autentica svolta.
[...] la voglia di mostrare e condividere senza remore [...] i “frutti” maturi della propria costante riflessione sul mezzo fotografico e sulle sue numerose potenzialità.
[...] questo libro nasce dalla precisa determinazione a condividere con il lettore gli esiti di una operazione che investe il tema della forma.
Partiamo [...] dalla parola che dà il titolo al libro: photoblurrygraph . Creata dallo stesso Nicolò, essa è piuttosto una sorta di endiadi, in quanto è il risultato di una felice combinazione delle parole photograph, fotografia, e blurry : indistinto, indefinito o annebbiato. Già, perché la serie fotografica qui raccolta nasce da un moto ben preciso: scompaginare il mondo delle forme per ripresentarcele indistinte, appunto, più o meno irriconoscibili; la realizzazione di questa trasfigurazione della realtà avviene attraverso una serie di procedimenti tecnici: lo sfocato, il mosso, la sovra e la sottoesposizione. Ricorrendo a tali espedienti, talora usati [...] congiuntamente, il fotografo dà vita a una sua personalissima riflessione su cosa sia la forma nell'arte. [...] autentica virata [...]
Nelle sue serie fotografiche Solitudine del viandante del tempo (2008-2012) e Oltre l'infinito sublime (2011-2012), Nicolò delinea la sua poetica umanistica ed esistenziale [...] attraverso delle ben studiate messinscene, il fotografo dà voce ai risvolti più dolorosi della vicenda esistenziale dell'uomo: la sua ineludibile solitudine, la sua finitezza cui fanno da contraltare la natura e il mondo con il loro eterno e indifferente panta rei.
Nelle serie [...] Oltre il caos (2010-2012) e Tempora et horae (2012) ricompare immancabilmente il topos iconografico caro a Nicolò della figura umana inserita in contesti naturali, tuttavia con una tensione verso il trascendente che risente di un pensiero di matrice cristiana – Nicolò è un credente e questo aspetto non è affatto ininfluente nella sua Weltanschaaung. I protagonisti di queste immagini sembrano avere un atteggiamento che è assieme contemplativo e interrogativo, di ossequioso ascolto dei segnali della natura intesa, nell'intenzione del fotografo, come estrinsecazione del divino, ma anche di ricerca dell'assoluto [...]
[...] nelle fotografie confluite nel volume intitolato Sgridò i venti e il mare - Intuizioni di immagini dai Vangeli (Palombi Editori, 2013) l'aspirazione dell'autore verso il trascendente, il divino, diventa esplicita, programmatica. [...] lo sfocato, che conferisce a tutte le immagini di questa serie una grande forza poetica [...] qui ha un ruolo semantico ben definito, infatti sfocare i contorni delle cose, dilatare le forme nasce dal tentativo di rappresentare la realtà trascendente di Dio che si è fatto uomo.
Con i photoblurrygraph a colori assistiamo a un [...] cambiamento di registro; il rigore formale del bianco e nero, le atmosfere talora cupe e malinconiche, i contenuti drammatici che afferiscono ai temi della solitudine, della finitezza dell'uomo, nonché il tema dell'anelito verso l'assoluto retrocedono sullo sfondo per lasciare spazio al cromatismo e a un'esperienza, quella del fotografo prima e dell'osservatore poi, che è prima di tutto sensoriale, percettiva ed emozionale.
[...] la sperimentazione [...] risponde a precisi propositi semantici.
[...] in queste foto Nicolò utilizza alcune tecniche intrinseche al mezzo fotografico per creare immagini debitrici più verso certo patrimonio pittorico che prettamente fotografico, in quanto soprattutto alcune immagini risultano palesemente imparentate a certa pittura astratta del Novecento. [...] le forme da vagamente distinguibili si trasformano man mano che procediamo pagina dopo pagina in campiture astratte di colore.
Nelle prime due sezioni si riaffacciano certi aspetti caratteristici del linguaggio figurativo di Nicolò [...] Qui, il fotografo ricorre a un tipo di sfocato solo lievemente accennato [...]
Nelle sezioni successive [...] lo sfocato si fa più spinto, così come più libero e disinibito è il ricorso al mosso e alla sovra e sottoesposizione, in questo modo il colore disintegra l'identità della forma, sia essa un paesaggio, un elemento architettonico; il risultato è una fusione totale di oggetto e spazio, inteso, quest'ultimo, come fenomeno cromatico e luminoso, alla ricerca di una libertà totale e nel rifiuto di ogni processo canonico di rappresentazione. L'attenzione del fotografo si sposta dal soggetto rappresentato al processo creativo. Si impone così l'idea che la fotografia sia creazione piuttosto che imitazione e che l’appropriazione della realtà sia non più di tipo «razionale», ma percettivo, emotivo, irrazionale.
Infine [...] lo spazio rimane senza persone né cose, la figurazione, la mitologia naturalistica dello spazio vengono soppiantati, pertanto lo spazio viene percepito come sostanza coloristico-luminosa espansa e vibrante, quasi una proiezione dell'inconscio. Vengono in mente allora certe esperienze della pittura astratta del Novecento: da Adolph Gottlieb (1903-1974) a Mark Rothko (1903-1970).
Con le foto di questa serie abbiamo a che fare con una soggettività ispirata che entra in comunione con il mondo oggettivo, ovvero siamo in presenza di un felice, quasi “panteistico” rapporto tra il fotografo e i fenomeni del mondo esterno. A tal proposito, non sorprenda se il pensiero, procedendo per associazioni, va alla teoria dell'Einfühlung, ossia dell'immedesimazione, sviluppata all'inizio del Novecento dallo storico e teorico dell'arte Wilhelm Robert Worringer (Astrazione ed empatia, il suo testo maggiore, è infatti del 1908). Sulle orme del filosofo Theodor Lipps, per il pensatore tedesco l'empatia si definisce come una sorta di immedesimazione e di abbandono che ci fa trovare piacere in un oggetto esterno nel quale ci riconosciamo; non ci pare azzardato affermare che il tipo di esperienza artistica fatta da Nicolò nel realizzare le foto di questo libro non sia poi così distante da quella appena sopra descritta.
2015, Annarita Curcio (critico fotografico, saggista, assistente editoriale e curatrice)
Ecco di nuovo Enrico Nicolò. Eccolo ancora a figurarsi trame ricordate, a ricostruire emozioni vissute, occasioni svanite. Eccolo a lambire i margini del visibile col pragmatismo dell’obiettivo e a valicarli, circospetto, con l’audacia della simulazione.
S’intitola Photoblurrygraph l’ultima trovata allegorica che egli mette in cornice: una recita di sensazioni articolata su fondali idealmente vuoti e su personaggi fatalmente pensosi.
Non sono i soggetti, così, la novità di Nicolò, e nemmeno di per sé quello sfocato moderato alla cui pastosa percezione ci aveva allenati. A marcare un mutamento è semmai la maniera di impiegarlo, il fuori fuoco: come motivo conduttore snodato nel segno di un’accentuazione progressiva.
2015, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, fondatore e direttore della Galleria Gallerati di Roma)
Se osservo questa sezione dei Photoblurrygraph di Enrico Nicolò, oltre a confermarmi l’inspiegabilità e l’inclassificabilità spiazzante di questo autore, mi accorgo che da un lato evocano le sublimazioni percettive dell’infanzia, dove la purezza dell’ingenuità è ancora lontana dalla porta del dolore. Ma dall’altro, quando ben presto per ognuno di noi quella porta si spalanca, ecco il graffio dell’incubo. In queste immagini rivedo ciò che io avevo visto e vi trovo la positività che il mancato ricordo mi negava. Case, muri, alberi, prati, cieli e mari in un caleidoscopio di vibrazioni troppo veloci per bloccarsi nell’asse occhio-memoria, ma passaggio di una frontiera visiva nell’uso del mezzo fotografico.
Enrico Nicolò riesce a coniugare la meccanicità dello strumento ottico con la sfida di una ricerca artistica che sembra lasciare gli ormeggi della sua sicurezza di fotografo; nuove avventure dal sapore omerico lo attendono, in quel mistero affascinante che è il viaggio di un autore nella fotografia.
2015, Andrea Attardi (fotografo artista, scrittore, critico fotografico, docente ordinario di Fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma)
Enrico Nicolò parte dal momento dell’esperienza che coincide con la conoscenza: lo interiorizza. Codifica - in un certo senso - l’oblio, il ricordo, il non detto.
Cammina, continua a camminare, a cercarsi e ritrovarsi nella natura rarefatta che lo circonda, metafora del nutrimento spirituale che lo accompagna.
2015, Manuela De Leonardis (storico e critico d’arte, curatrice)
Enrico Nicolò [...] Inizia con Appannamenti e da uno sfocato moderato giunge alle Astrazioni - L'informe. Non nel significato di “assenza di forma”, né di svelamento espressionistico dell’interiorità; piuttosto: di “altra forma” rispetto al soggetto immortalato e, insomma, a ciò a cui siamo comunemente abituati [...] guardare non è vedere, ci dice Nicolò con la sua Fotografia. La realtà da cui essa parte si complica allo sguardo: lo spectrum è difficile da decifrare e il riconoscimento è arduo. Per avvicinarsi all’essenza delle cose serve una scelta impegnativa. Slow… Astrazioni - L'informe lo dimostrano. Recano, come tutte le photoblurrygraph, un retaggio virtuoso: non moralistico, semmai morale. [...] queste diafanie forniscono attracchi, occasioni di minimo sostegno. Il resto sta allo spectator. Nicolò lo porta per mano nel territorio del dubbio, dove studium e punctum si fondono e confondono. È possibile? Anatomizzando ogni foto, notiamo come il colore spicchi, l’intensità sia digradante e la luce, ovviamente, la faccia da padrona: ciò sarebbe forse piaciuto a Mark Rothko. Governa un certo tremolio dell’immagine e il flou impedisce la messa a fuoco. Nulla a che fare con qualsivoglia neo-Pittorialismo, però, né con veri e propri impressionismi: semmai, con un esercizio della pulizia dello sguardo da sovrastrutture e con quella tensione al remove background noise che nelle registrazioni aspira alla totale purezza del suono o dell’immagine in movimento, alla limpidezza. Ecco la parola: sinonimo di autenticità.
2015, Barbara Martusciello (storico e critico d’arte, curatore di mostre, organizzatrice di eventi culturali, saggista e docente)
In questa raccolta (Split Reality– n.d.r.) Enrico Nicolò, fotografo e poeta di grande sensibilità, utilizza uno specchio [...] Nella fotografia in realtà “si specchia” l'anima, il vissuto, la realtà intima dell'autore, il modo di guardare il mondo e la partecipazione alla giostra della vita con le luci, le zone d'ombra, i suoni e i rumori che l'accompagnano.
[...] il fotografo dedica la sua attenzione al paesaggio, alla terra d'Abruzzo, così aspra e così amena [...] Le parole del poeta (Gabriele D'Annunzio – n.d.r.) riecheggiano nelle immagini di Nicolò. [...] L'Adriatico, la costa dei trabocchi, il cielo azzurro appena velato, sono oggi cari al fotografo così come lo sono stati in passato per il “vate”. Un senso di pace, di libertà, ma anche una sottile malinconia “piovono” sugli occhi e nel cuore di chi guarda [...]
2015, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale)
Un tema (la serie fotografica Split Reality – n.d.r.) affrontato dal fotografo Enrico Nicolò in cui lo specchio è “l'intruso” ma allo stesso tempo “il protagonista”. […] Raccontare la realtà, soprattutto interiore, è “l'obbiettivo” di Enrico Nicolò e lo specchio è lo strumento per riflettere e cogliere luoghi, sensazioni, emozioni che abitano la sua anima. Lo specchio diventa così un mondo, una finestra, una superficie trasparente che permette al fotografo e allo spettatore di osservare la realtà a noi davanti e quella alle nostre spalle. […] Gli scatti di Enrico Nicolò […] danno luogo a una lettura continua di territori che noi tutti conosciamo e nei quali ci identifichiamo. È un uomo in cammino che con la sua inseparabile macchina fotografica insegue il divenire della vita […] e regala agli altri […] l'esposizione di un panorama che ha […] una sua anima.
2015, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale)
Anche attraverso la fotografia a colori l'artista vuole condurre lo sguardo oltre la contemplazione della bellezza, verso una realtà che a occhio nudo resta celata. Ed ecco che la fotografia e la poesia di Enrico Nicolò sono un substrato comune, l'una e l'altra si muovono lungo la stessa direzione, ovvero la fotografia si spinge verso una forma di lirismo e la poesia si intreccia alla fotografia perché le parole esprimono immagini fotografiche che si muovono l'una incontro all'altra.
2015, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale e operatrice specializzata nel restauro)
Le fotografie in bianco e nero di Enrico Nicolò hanno un forte sapore nostalgico legato al vissuto, alla realtà intima e al suo modo di guardare il mondo. Immagini silenziose, paesaggi dannunziani, personaggi solitari traboccano dalla fotografia esistenziale e concettuale dell'artista. Dal bianco e nero, prediletto, in cui emergono meditazione e razionalità, spazia fino al colore, che gli permette di liberare totalmente la creatività allo scopo di stuzzicare con lo sfumato, il mosso e lo sfocato lo sguardo dell'osservatore, conferendo evanescenza all'immagine e suscitando grande emozione.
2015, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale e operatrice specializzata nel restauro)
Conosco da qualche anno Enrico Nicolò, un artista prima ancora che fotografo, a tutto tondo, un personaggio discreto, colto e preparato come pochi. Mi ha sorpreso, mi ha colpito e emozionato il suo modo di porsi, sin dal principio. [...]
La poesia, quella che lui scrive in un libro dal titolo “Prima che”, è anche la poesia che è nel suo sguardo e nella sua anima quieta, il risultato è sotto gli occhi di tutti, nei suoi scatti fotografici.
Conoscevo bene e ne ero affascinato, gli scatti in bianco e nero, fotografie che evocavano il silenzio, la solitudine, il dolce soffio del vento che mi portava “oltre il visibile” attraverso un messaggio sussurato. Le fotografie di Enrico Nicolò entrano nel cuore in punta di piedi e lì vi restano per sempre. È proprio per questo motivo che aprendo il nuovo libro “Photoblurrygraph”, totalmente a colori, si ritrova la stessa anima, la stessa poesia di un artista che affascina per la raffinata semplicità, la capacità di sintesi compositiva che emerge dalla carta stampata e si dissolve nel cuore di chi prova a farsi coinvolgere dalla nuova scelta espressiva rivolta allo sfocato che rende tutto irriconoscibile ed elimina ogni ulteriore possibilità di dispersione dell’attenzione.
A Enrico Nicolò tutta la mia stima come uomo, come artista e poeta.
2016, Alberto Moioli (direttore editoriale dell'Enciclopedia d'Arte Italiana e coordinatore del Festival della Letteratura di Arcore)
Enrico Nicolò, fotografo concettuale-esistenziale, decide in questa pubblicazione (libro Photoblurrygraph – n.d.r.) di allontanarsi temporaneamente dalla ragnatela razionale della fotografia in bianco e nero per abbracciare la distrazione del colore. [...] La realtà dal sapore “impressionista”, a tratti metafisica, stimola la riflessione dello spettatore a cercare significati reconditi, nascosti, enigmatici di quella stessa realtà che è sotto i suoi occhi.
Prevale, nella mia lettura critica dell’opera, un senso di malinconia e isolamento che mi rimanda alla “poesia della malinconia universale” di Giorgio de Chirico, nei cui dipinti il mondo empirico era avvolto da un’atmosfera di sogno e di inquietudine. Nelle fotografie di Nicolò c’è sempre, però, un posto per una finestra e una luce.
2016, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale e operatrice specializzata nel restauro)
Lo spirito e la spiritualità sono elementi ben saldi nella produzione fotografica di Nicolò. [...]
Photoblurrygraph (photograph = fotografia; blurry = sfocato o indistinto) è il suo recente progetto in cui protagonisti sono lo sfumato, l’indefinito, l’evanescente. Questo lavoro vuole esprimere sensazioni, suggestioni, emozioni e percezioni in cui la realtà, i paesaggi, le figure umane si presentano “alterate”. Il percorso fotografico, ottenuto “tutto-in-macchina” su pellicola, parte da uno sfumato leggermente accennato che permette all’osservatore di comprendere l’immagine dal forte sapore impressionista e giunge a uno sfumato più spinto, astratto, evanescente, in cui la fotografia sembra sgretolarsi creando così delle macchie in cui paesaggio e spazio si fondono in una cromia pulsante indefinita.[...] Ma a sgretolarsi è soprattutto il pensiero di chi osserva le immagini di questo “disarmante” fotografo di cui è difficile intuire l’obiettivo finale del suo inquieto e variegato cammino.
Photoblurrygraph rappresenta per me una sorta di sfida alla percezione, alla sua interpretazione, ai suoi aspetti in rapporto alla realtà vera, all’essenza delle cose. È una continua ricerca, la sua, quasi insistentemente scientifica. È un continuo interrogarsi sulla “verità” dell’essere umano e dell’universo che lo accoglie. Ricerca e poesia dell’esistenza fuse in un tutt’uno, senza mai avere una risposta definitiva perché nello spazio sconfinato e misterioso della mente umana naufragano domande, ricordi, impressioni, sogni, disillusioni e aspettative.
In relazione con questo progetto l’autore ha realizzato, grazie alla sua versatilità artistica, alcuni acquerelli che hanno la stessa natura tematica e consistenza formale delle fotografie. La scelta appropriata e l’armonia dei colori che scivolano l’uno sull’altro come per incanto ne richiamano l’essenzialità e la sintesi facendoli apparire come sue creature. Anche in questo esperimento Nicolò cattura in un’incertezza interpretativa l’osservatore sensibile che rischia di smarrirsi nelle timide pennellate dove in un’atmosfera sognante ed eterea l’uomo è comunque solo.
Un tema, quello della solitudine, caro e irrinunciabile per il poeta-fotografo. «Per quanto mi riguarda, ho sempre amato la solitudine, una caratteristica che tende ad aumentare con gli anni che passano. È una strana cosa essere così vastamente noto ed essere tuttavia così solo» (Albert Einstein).
2016, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale e operatrice specializzata nel restauro)
[...] nel nuovo lavoro fotografico Anabasis of a Truth Searcher, inedito e tuttora in corso di sviluppo, di Enrico Nicolò. Protagonista indiscussa degli scatti è la donna ritratta nella sua enigmaticità e nella sua storia.
Il fotografo, durante il suo percorso artistico, ha analizzato e studiato più volte il mondo femminile. Quattro sono le serie dedicate alla donna e quattro sono le tematiche affrontate: la bellezza e la fragilità nella serie Dive di carta, icone in celluloide; la libertà e l’indipendenza in Around a Woman; il romanticismo in Oltre l’infinito sublime; la prigione dorata senza via d’uscita in Vorrei avere lacrime che mi bagnino gli occhi. Tematiche riprese nell’opera precedentemente citata, che da un lato è riassuntiva e dall’altro è ricerca più profonda e meditata della verità, attraverso un viaggio faticoso, a tratti impervio, nella interiorità della donna stessa e nella sua visione della vita e del mondo. Si trovano una spiaggia, una strada, una stazione e un sentiero in alcune delle foto della raccolta, dove la donna non svela il suo volto, ma lascia intravedere i suoi pensieri.
Secondo la mia osservazione e conseguente riflessione, due sono fondamentalmente i motivi che guidano la ricerca dell’autore.
Il primo è quello della bellezza [...]
Il secondo motivo è rappresentato dall’antichissimo archetipo radicato tuttora nell’inconscio della nostra società, che è quello della prevaricazione maschile e della sottomissione femminile a cui l’autore rivolge la sua particolare attenzione, cercando di aggredirlo con il suo piccolo contributo artistico. [...]
Ciò che maggiormente colpisce è la figura solitaria di una donna ripresa da tergo. Una donna elegantemente vestita e dai modi gentili che viaggia per le vie del mare e dei monti d'Abruzzo. Il suo cammino, a tratti riflessivo, meditativo e contemplativo, fa presagire una continua, seppur celata, ricerca della verità sull’essenza della vita, su se stessa e sul mondo che la circonda. [...] lo sguardo dell’autore dietro le quinte [...] accompagna, con le mani e con gli occhi posati sull’obiettivo, la donna verso i suoi sogni, la sua meta, la libertà.
2016, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale e operatrice specializzata nel restauro)
Esteta disciplinato, inesausto sperimentatore, Enrico Nicolò dirige con crescente finezza intellettuale un'articolata avventura comunicativa.
[...] Nicolò non è più soltanto fotografo, è anche pittore.
2016, Carlo Gallerati (artista fotografo, libero docente e critico di fotografia, giornalista indipendente, fondatore e direttore della Galleria Gallerati di Roma)
Già alle prime osservazioni delle sue fotografie in bianco e nero, due pensieri si sono affacciati alla mia mente: la poesia non è solo quella che si scrive; l'arte non rappresenta il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è (Paul Klee). Già, perché di poesia si tratta e di invisibile che una particolare sensibilità può svelare.
Enrico Nicolò è fotografo di paesaggi abitati da figure dove ognuno osservando può trovare la vita, la bellezza, il mistero che li anima. [...] È un uomo in cammino che con la sua inseparabile macchina fotografica insegue il divenire della vita, ne custodisce una propria filosofia di interpretazione e regala agli altri una documentazione, un'immagine che ha una sua oggettività e una sua interiorità. Dietro ogni scatto vedo un pensiero ragionato, un'emozione, un gesto, una debolezza, un'incertezza, un'esitazione, un ripensamento, infine una convinzione. [...]
Non nascondo che la prima impressione ricevuta dell'artista è stata quella dell'uomo che in maniera schietta e pregnante Nietzsche così descrive: «chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può non sentirsi sulla terra nient'altro che un viandante». Enrico Nicolò è un viandante, un viandante che percorrendo la strada del nostro tempo incontra la solitudine, l'incomunicabilità, il muro dell'ingiustizia ma anche spazi sconfinati, i fiori, il mare, la solidarietà [...]
I protagonisti delle sue fotografie nella raccolta Oltre il caos, in continua ricerca del perduto, del trascurato, di se stessi e della verità e volti al recupero della semplicità, rimandano indubbiamente alla “Recherche” di Marcel Proust. Come pure i temi della fragilità, caducità e dello scorrere del tempo in Tempora et horae. Nella serie fotografica Solitudine del viandante del tempo il tema della solitudine esistenziale nel viaggio della vita, dell'incomunicabilità e della prova continua a cui la vita stessa ci sottopone ci riporta alla “trilogia dell'incomunicabilità” di Michelangelo Antonioni.
Un percorso fotografico, quindi, sorretto da un grande background culturale e ottenuto, dal punto di vista tecnico, “tutto-in-macchina”, attraverso il quale, con l'uso del bianco e nero e con grande maestria, l'autore riesce a comunicare allo spettatore il viaggio interiore dell'uomo di cui lo stesso spettatore si sente partecipe.
In Desks il protagonista è un uomo solitario che inizia il suo viaggio portando con sé una scrivania e una sedia, simboli che richiamano quella che l'autore definisce “camera interiore”. Una serie di scatti nella cui fascinazione ogni spettatore può immergersi. [...] L'orologio come testimone del tempo che scorre è un oggetto che ricorre spesso nei fotogrammi di Nicolò. Rappresenta insieme allo spazio il palcoscenico della vita. [...] Accanto al tempo appaiono i tanti accattivanti paesaggi da cui traspare senza dubbio la bellezza del creato, di fronte alla quale il personaggio di Desks resta in contemplazione, in contrasto con l'indifferenza dell'uomo contemporaneo rispetto ai valori, afflitto com'è da una sorta di assenza di gravità, dalla noia, da uno spleen senza poesia. [...]
Nel suo commento a Unless You Change l'autore cita la versione inglese di un passo del Vangelo di Matteo «Unless you change and become like little children you will never enter the kingdom of Heaven» (Mt18, 3b): «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli».
A questo passo si rifà tutta la poetica della serie fotografica. Analizzando gli scatti mi tornano poi in mente le parole del Pascoli «È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime ancora e tripudi suoi». C’è dunque una voce nascosta nel profondo di ciascun uomo, che si pone in contatto con il mondo attraverso l'immaginazione e la sensibilità (tipiche dei poeti). In tal modo, egli scopre aspetti nuovi e misteriosi, che «sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione». In questa serie si percepisce il forte attaccamento dell'autore alla fanciullezza, ai ricordi e quindi alla memoria. [...]
Mi preme sottolineare che con gioia ho esaminato quest'ultima opera di Enrico Nicolò e ho scritto su di essa. È un'opera che richiede attenzione e dona ricchezza perché l'arte è intuizione, è forma, è idea, è preghiera. La sua è una fotografia molto ricercata sia per quanto riguarda i canoni dell'estetica sia per l'interrogativo sul significato e sul fine dell'esistenza umana. È un continuo porre domande e chiedere risposte. Non a caso le sue fotografie sono fortemente simboliche e a tratti surreali. Lo stesso ricorso al bianco e nero da un lato accarezza l'occhio di chi guarda e dall'altro genera un costante gioco di luci e ombre che danno nitidezza all'immagine ed espressività all'esperienza di vita di ogni uomo.
Attraverso un percorso le cui tappe hanno abbracciato l'universo femminile nelle serie fotografiche Dive di carta, icone in celluloide, Oltre l'infinito sublime, Vorrei avere lacrime che mi bagnino gli occhi e Around a Woman, lo sdoppiamento della realtà nel tema Split Reality, la parentesi evangelica in Sgridò i venti e il mare e quanto già detto in Oltre il caos, Solitudine del viandante del tempo e Tempora et horae, il fotografo è giunto con queste due ultime serie al convincimento che la vita è sostanzialmente desiderio di conoscenza, solitudine, amore e rimembranza. Una sorta di raggiunta maturità a cui appoggiarsi per continuare senza tentennamenti il proprio cammino verso i tempi ultimi, verso l'oltre.
Ma è questa la giusta interpretazione? La forza vera della fotografia di Enrico Nicolò sta nella sua enigmaticità. Nessuno sa che cosa abbia in mente di dire l'autore perché mille sono le domande e mille le risposte relative a ogni singolo scatto. Non si tratta della semplice rappresentazione della realtà nelle varie sfaccettature, ma è ricerca di una verità attraverso una realtà che non è solo realtà. È questa l'energia della sua innovazione e della sua originalità e unicità.
Reali però sono per Nicolò il profondo rispetto e l'ammirazione per la terra d'Abruzzo dove lui “cammina” inciampando nella sua bellezza. Lui la osserva, l'abbraccia, ne cattura la semplicità e con entusiasmo da anni coltiva con essa un rapporto amoroso visibile nei suoi scatti e nel sorriso dei suoi occhi.
2016, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale e operatrice specializzata nel restauro)
L'eleganza colta di un vero Signore della Fotografia. Ritratto dell'artista Enrico Nicolò, straordinario fotografo ed elegante poeta. Colto, raffinato ed elegante, la sua scrittura si fonde con la sensibilità estetica attraverso i codici del linguaggio fotografico. Un personaggio da conoscere e da seguire attraverso mostre e pubblicazioni.
La muta poesia di Enrico Nicolò si interfaccia nella sensibilità compositiva dell'immagine fotografica e dialoga con la scrittura, elementi che emergono da un'anima sensibile e particolarmente profonda.
Il bianco e nero, rigoroso, simbolico, evocativo e silenzioso dell'artista è lo specchio delle parole che compongono le ultime fatiche letterarie di Enrico Nicolò. L'analisi sull'espressività in questione ora deve tenere in considerazione i due linguaggi creativi perché l'uno, pur vivendo di singolare indipendenza e individualità rispetto all'altro, assume un valore estremamente superiore se considerato nella sua complessa dualità.
L'armonia lirica che alimenta entrambi i lavori, come su binari paralleli, rende l'artista unico nel suo genere per stile ed eleganza. La colta ispirazione alla quale Nicolò attinge risiede in un luogo recondito dal quale l'artista sente l'emozione della poesia più pura e lascia emergere, come in un miracolo, la trasfigurazione e la rappresentazione attraverso la parola scritta e recitata e l'immagine fotografica.
[...]
Agli scatti delicati e silenziosi del fotografo si affianca dunque il profondo linguaggio scritto attraverso la pubblicazione dei libri [...] letture profonde che fanno bene all'anima [...]
Ho trovato nei due linguaggi di Enrico Nicolò molti punti d'unione formali e lirici [...]
2017, Alberto Moioli (direttore editoriale dell'Enciclopedia d'Arte Italiana, direttore del Festival della Letteratura di Arcore, critico d'arte, giornalista)
Riflessione, meditazione, spiritualità, libertà ed emozione, questo è ciò che provo osservando le fotografie di Enrico Nicolò.
2018, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale, operatrice specializzata nel restauro, insegnante)
L'amore per la fotografia permea tutta la sua esistenza: oltre che artista-fotografo, svolge anche l'attività di critico di fotografia [...] La sua attività di fotografo procede, con la medesima passione, unitamente a quella letteraria, attraverso la stesura e la pubblicazione di importanti volumi [...]
Paesaggi e figure solitarie, spesso compartecipi, sono impressi nei suoi scatti. Fotografie intimistiche ed “atemporali”, le cui immagini conducono alla superficie le emozioni e i pensieri dell'autore (configurandosi, al tempo stesso, come emozioni e pensieri condivisibili da tutti), che hanno la potenza e la forza di indurre l'osservatore ad una profonda riflessione interiore. Non è possibile soffermarsi solo su ciò che è raffigurato, ma si è costretti ad andare “oltre” la percezione visiva e sensoriale, alla ricerca di ciò che non è visibile agli occhi.
2019, Atlante dell'Arte Contemporanea, De Agostini Editore, Novara, pagg. 715-716.
Ogni volta che leggo un testo di Enrico Nicolò od osservo con attenzione, quasi in voluta e discreta contemplazione, una sua fotografia si fa strada nel mio pensare il tema della “dialettica esistenziale” a cui l’autore sento che è molto legato. Una sorta di “nebbia” che lo avvolge, che viene a volte diradata dalla luce per poi tornare a infittirsi. Quella ricerca dell’essere così cara ai filosofi dell’esistenzialismo tedesco e in particolare a Jaspers, autore di “Filosofia”. Una ricerca che porta però l’uomo, l’esistenza umana, a imbattersi in “situazioni limite” che sono insuperabili, come il dolore, la lotta, la morte e che comportano un suo “naufragio”. Nell’accettazione della propria finitezza e del proprio stato l’uomo trova la massima libertà: «io posso perché vi sono costretto» (Karl Jaspers). In questo nuovo progetto di Nicolò, The Life Traveller, il protagonista è un uomo con cappotto, cappello e ombrello scuri che contempla paesaggi naturali, incontaminati e silenziosi, in situazioni insolite, surreali e ironicamente curiose. È comunque un uomo solo con se stesso [...] Intravedo, inoltre, in questi scatti un forte rimando al tema dell’incomunicabilità presente in alcune pellicole di Antonioni in cui ogni protagonista procede lungo un sentiero che lo conduce a smarrire gli elementi fondamentali delle proprie certezze perdendo progressivamente contatto con la realtà. I protagonisti di Enrico Nicolò, ritratti rigorosamente in bianco e nero, così come spesso quelli del regista neoromantico, vivono anch’essi l’insicurezza e il caos che ci pervadono, ma poi se ne discostano nella ricerca costante di una smarrita serenità, interiorità e identità. Focalizzando ancor più lo sguardo sulle immagini ritorna alla mia mente anche il surrealismo magrittiano. Nicolò, come Magritte, sente il bisogno di creare universi misteriosi, onirici, inconsueti, enigmatici, indipendenti e ricchi di interrogativi, fotografando il mondo che lo circonda e che rappresenta in modo personale. Così come Magritte nasconde nei suoi scatti qualcosa di inquieto che diventa straordinario. Dialettica esistenziale, incomunicabilità e surrealismo quindi: temi cari all’autore e al “viandante” disegnato dall’obiettivo dell’autore stesso in cui lui irrimediabilmente si identifica. In questa visione apparentemente pessimistica dell’esistenza c’è sempre, però, spazio per un orizzonte di speranza che l’uomo stesso guarda insistentemente e verso cui continua a camminare.
2019, Angela Troilo (storica dell'arte, curatrice, collaboratrice museale, operatrice culturale, operatrice specializzata nel restauro, insegnante)
Il fil rouge che lega la ricerca poetico-fotografica di Enrico Nicolò passa per una tematica che oggi più che mai caratterizza la società, riguardando l'io nel suo rapporto con l'altro: l'incomunicabilità. [...] È questo il tentativo di Enrico Nicolò: porre l'attenzione sulla solitudine che accompagna l'uomo nel suo cammino, durante il quale i rapporti sembrano sbiaditi, quasi come se le persone fossero degli ologrammi che non trovano mai all'altro capo del filo del telefono una ragione così forte da far cadere la domanda C’è qualcuno?.
2019, Carmen Sorrentino
Enrico Nicolò, fotografo-poeta, indaga l'essere umano nelle sue attitudini più profonde. Con i suoi scatti ricerca i sentimenti umani ancora vivi e quelli che sembrano essere perduti. Le sue fotografie sono squarci intensi di vita. È capace di illustrare l'attesa e di dare un volto alla solitudine più dolorosa grazie all'abilità nel ritrarre soggetti privi di un'identità precisa, che permettono a ogni osservatore di immedesimarsi. La fotografia è per Nicolò un mezzo diretto per rappresentare ciò che si configura nella sua mente.
2020, Carmen Sorrentino (curatrice artistica)